LO SPIRITO EVOLUTO DI FRONTE ALLA VITA TERRENA. RAPPORTO CON DIO.

evoluzione

D. – Noi che in particolare siamo molto vicini all’idea della morte, dell’aldilà, poiché studiamo questi problemi con voi, siamo forse condizionati in modo diverso per le nostre esperienze terrene? E in che senso? C’è forse stata una deformazione di un nostro eventuale programma rispetto all’esperienza della materia? Questo distacco la diminuisce e la rende meno pregnante?

A. – Non importa molto che sia più o meno pregnante, quello che interessa è che certe esperienze vengano fatte, acquisite e assimilate dallo Spirito, con una sorta di alleggerimento dovuto a una maggiore coscienza del fenomeno spirituale. Questo è un vantaggio, come i tanti che vengono dati allo Spirito, come i tanti aiuti che vengono dati agli individui.

D. – Vorrei andare un po’ oltre. Questo nostro atteggiamento è la conseguenza di un’esperienza più profonda già fatta, oppure è un fatto eccezionale, cioè passeggero, come non ritengo che sia, perché sarebbe incoerente nell’evoluzione più o meno lineare dello Spirito? È quindi forse un anello ulteriore di tipo ascendente che non rinnega l’esperienza della materia solo perché l’ha già fatta…

A. – In un certo senso è così. Si può dire che coloro i quali si occupano di problemi spirituali, e coloro i quali poi vivono soprattutto secondo queste esperienze spirituali, sono esseri i cui spiriti hanno già tendenze extra-terrene; spiriti la cui attenzione è già rivolta, non più tanto verso le esperienze materiali, ma verso esperienze di tipo spirituale. Essi cioè stanno già superando la fase di conoscenza della materialità e questo, naturalmente, porta gli spiriti a una sorta di deformazione della visione, se vogliamo, che è dovuta al livello dello Spirito più che al livello dell’uomo, che poi è quella di occuparsi anche durante la vita incarnata di cose di cui invece sarebbe più ragionevole occuparsi dopo, da Spirito.

D’altra parte, poi, tutto questo costituisce anche un’utilità a livello sociale, perché in fondo da queste tendenze vengono travolti, interessati anche altri che non hanno ancora quel livello spirituale, quindi ciò per riflesso finisce col far bene anche ad altri. Certamente la conoscenza spirituale consente di dare molte spiegazioni e di interpretare diversamente fatti che altri ritengono banali.

D. – È un po’ la scoperta di una chiave per interpretare…

A. – È proprio la conoscenza di un’altra dimensione che esiste in voi.

D. – Per uno Spirito a un certo livello,evolutivo, che sta già superando la fase materiale di conoscenza, penso che sia, indispensabile avere in sé certi punti fermi, altrimenti egli rischia di smarrirsi, oltre a procurargli ciò una certa sofferenza che deriva dall’osservare le cose della Terra così come brutalmente si svolgono nella materia.

A. – Indubbiamente sì. Per uno Spirito di buona evoluzione occuparsi anche di problemi di carattere spirituale è una necessità a livello inconscio. Egli non potrebbe occuparsi esclusivamente della materia. Anzitutto non ne avrebbe la capacità e la possibilità, anche a livello inconscio; cioè proromperebbe da lui contro ogni volontà questa spiritualità e questa interpretazione spirituale delle cose materiali. Infatti, anche gli spiriti, più evoluti, pur incarnandosi con dei programmi molto modesti o molto materiali, in Terra finiscono sempre con l’affermare questa spiritualità perché non possono farne a meno; è la loro esistenza, è la loro matrice, è la loro forza. Non si può tradire sé stessi, insomma la propria inclinazione, la propria intuizione. Sono cose talmente forti dentro il proprio essere che non si possono ignorare.

Voi potete fare anche del male in Terra, ma farete sempre i conti con la parte migliore di voi stessi. D’altra parte, se siete fatti in un certo modo, siete incapaci di agire altrimenti, oppure se lo fate ve ne pentirete. Vedete, voi siete incapaci di non aver pietà per chi soffre, per chi è povero, di considerare la povertà, la miseria degli altri, la miseria dei bambini, Voi potete chiudere gli occhi e credere di non vedere, ma dentro di voi si agiterà qualcosa, e tornate sui vostri passi. Quando un mendicante vi stende la mano e voi passate oltre, dopo qualche passo ci pensate, vi pentite di non esservi fermati, fate tante considerazioni e avvertite confusamente nel vostro essere pentimento, pietà, rancore per voi stessi, per non essere stati capaci di sentire la fraternità.

Non potete tradire voi stessi, sono inclinazioni profonde ormai. Dentro di voi avete una qualità che non può essere cancellata. È così a tutti i livelli, ma voi avete già superato un certo livello, cioè voi siete ormai a livello della sensitività, della sensibilità; cioè voi siete capaci di avvertire il disgusto, la pena, la pietà, l’amore, la carità. Siete capaci almeno di capirle queste cose e di considerare le vostre azioni e quelle degli altri secondo il metro di queste cose; poi siete più capaci di avere pietà per gli altri, di capire di più gli altri, di immedesimarvi nelle loro situazioni. Voi non siete più capaci di definire il prossimo, perché voi partite da concetti di evoluzione, se quegli fa male vuol dire che non è ancora evoluto e, immedesimandovi nella sua situazione, riuscite anche a trovare le giustificazioni del perché egli compia certe azioni, e quindi non siete più capaci di condannarlo. Questo è il segno della pietà che è dentro di voi, e questo non potete cancellarlo mai più. È un contrassegno che vi appartiene in quanto spiriti e ve lo porterete dietro ormai per sempre come un marchio di fuoco. E allora ecco che voi non potete più giudicare il mondo, se va male o se va bene. Perché sorgono le idee dei grandi cicli storici, ove ciascuno fa le sue esperienze, ove anche le anime inevolute fanno le loro esperienze per cui bisogna avere dunque compassione, bisogna capire, giustificare, non condannare. Voi non siete più capaci di uccidere, né sotto l’impulso dell’odio, né sotto l’impulso dell’amore. Forse perché, un poco alla volta, senza che ve ne accorgiate (e sarà sempre di più così, continuando a evolvervi), non sarete più capaci di amare nel senso, e secondo il significato che avete dato finora all’amore, all’amore geloso, egoistico, crudele: l’amore possessivo. Esso scompare dal vostro essere e il vostro amore sarà di tipo diverso; capirete gli errori della persona che amate, non colpirete più col giudizio o la sferzata coloro che sbagliano, le persone che amate, perché capirete che in fondo anche gli altri hanno la propria libertà e che la colpa degli altri è un po’ la colpa di tutti, e il vostro amore sarà meno egoistico, meno possessivo, sarà di tipo diverso. Queste sono cose che appartengono all’evoluzione.

Ecco, dunque, che uno Spirito siffatto, quando vive sulla Terra non può rinunciare a queste cose perché esse gli appartengono, diventano per lui istinto; non saprà riconoscere e analizzare questi singoli attributi, essi saranno vagamente interpretati come istinto ed è quello che conta, sarà ed è la vostra tendenza, il vostro comportamento. Ecco perché uno Spirito evoluto, anche se s’incarna e svolge una vita umile o materiale, resterà sempre un essere buono, perché la bontà non viene dal corpo, ma viene dallo Spirito.

Io vorrei cogliere qui l’occasione per ricordarvi ancora una volta come sia necessario da parte vostra continuamente nella vostra vita un collegamento con Dio. Perché sono cose che, per quanto si dicano sempre o di cui si parli sistematicamente, non riuscite mai a fare e a realizzare, o per mancanza di voglia o per mancanza di stimolo, o per mancanza di tempo. Vorrei anche ricordare come ciò sia importante essenzialmente per voi, non certamente per Dio. Per voi, perché questo contatto con Dio che si svolge sul piano di un interessamento, di stima, diventa poi consuetudine, cioè un rapporto che è veramente capace di illuminare la vostra vita, non nella maniera retorica in cui si crede, ma in maniera reale e convincente (Qui, per “voi” s’intendono tutti gli esseri umani. – Nota GdS.). Vedete, dicevo prima di un amore meno possessivo che poi rende più tranquilli, più calmi, che fa perdonare più facilmente le colpe degli altri, delle persone che si amano e che non interessano più tanto, perché si vede la questione su di un piano diverso; ecco, così la conoscenza e l’amore di Dio riusciranno veramente a dare al vostro cuore un tipo di conforto che si trasferisce poi sul piano psicologico. Perché, vedete, l’individuo il quale sa veramente di aver gettato un ponte tra sé e Dio, è un individuo tranquillo. Un poco perché giocherà in lui l’idea di questa presenza di Dio, un poco perché l’idea di Dio è capace veramente di creare una sorta di trasformazione interiore, proprio perché siete spiriti incarnati, e quando il vostro Spirito vibra secondo un’intensità dovuta a un certo rapporto con Dio, tutta l’attenzione “psichica” del vostro essere finisce con l’essere coinvolta da questo rapporto con Dio, attraverso le vie sotterranee dell’inconscio che già conosciamo.

Ancora una volta ripeto: non crediate che per quanto Dio sia irraggiungibile Egli non sia però avvertibile, e non crediate che sia veramente necessario capirLo o conoscerLo dettagliatamente per averne un beneficio. Il beneficio viene soltanto da un atto d’amore, indipendentemente dalla conoscenza che si ha di Dio, perché lo Spirito, amando, opera dentro di sé una distensione che è dovuta a un fatto quasi naturale e meccanico: lo Spirito è originato da Dio, è di origine divina, è di materia divina, ed essendo tale, quando egli si pone in rapporto con la sua stessa sostanza più intima, riconoscendola come divina, in lui nasce quella sorta di pace eterna, quella pace stessa che deve essere la fondamentale precisazione di Dio, la fondamentale capacità di essere di Dio. Così, dunque, questa stessa pace nasce nello Spirito quando egli si pone in contatto con Dio con un atto d’amore, con un atto di accettazione, con un atto di fiducia e quindi di fede, non fede assurda, ma fede nata da un rapporto razionale, da un valido riconoscimento della Fonte creatrice. Questo naturalmente si trasferisce sul piano della psiche umana e crea quella carica di felicità, di pace interiore, di pazienza interiore per le vicende del mondo, di dolce sopportazione, che rende il carattere dolce e calmo e tutta l’azione più buona, rallentandone l’aggressività, spegnendone gli ardori inconsulti e ridando una sorta di interiore equilibrio che si riflette poi sulla vita pratica, sul lavoro, su tutto. Ciò rende l’individuo più disponibile, ne sfrutta le parti più profonde e intelligenti, ne alimenta la sapienza e la bontà, ciò rende l’individuo accettabile, più amato dalla società e quindi più aiutato, più circondato di stima e affetto. Sono effetti che non si verificano da un giorno all’altro, ma che nello spazio di una vita finiscono sempre col realizzarsi.

La presenza di Dio nel mondo almeno a questo servirebbe: a rendere più dolce e docile l’uomo. D’altra parte, sul piano individuale essa creerebbe tanti e tanti presupposti di benessere. Dicevo una volta che non importa amare Dio in Terra, perché tanto lo riconoscerete dopo – lo vogliate o non – però non amarlo in Terra non è bene e, potendolo amare in Terra, ciò darebbe dei benefici (Abbiamo già sottolineato questo basilare concetto in una precedente nota, e ora il Maestro Andrea lo sottolinea in maniera compiuta anche nel seguito. – Nota del curatore).

D. – Sono d’accordo su quello che dici, ma non lo sono su ciò che riguarda l’aggressività. L’essere in equilibrio, l’abitudine a sopportare, in fondo porta ad abbandonarsi a un certo tipo di passività anche sul lavoro, mentre chi è abituato ad aggredire un lavoro, di conseguenza finisce con l’aggredire anche gli altri, anche se non in senso cattivo.

A. – Naturalmente sì, io poi questo intendevo in realtà, non bisogna spegnere l’aggressività e rendere l’individuo del tutto vulnerabile e passivo, no, ma è necessaria un’aggressività sana e buona, non a scapito degli altri, ma un’aggressività la quale sia anche capace di ritirarsi nel momento in cui sta per far del male agli altri, cioè essa deve essere giustamente incanalata. È chiaro che l’aggressività è anche necessaria in Terra, ma deve essere sana, però, buona, equilibrata.

D. – A me è capitato di stabilire quel rapporto con Dio due o tre volte, ed effettivamente ho avuto quella sensazione di cui tu parli.

A. – Naturalmente non avviene tutto all’improvviso, ma tutto va inquadrato in un comportamento generale. Però, se riuscite a farlo non una volta all’anno, ma almeno una volta ogni settimana, vedrete che vantaggio ne trarrete. Naturalmente, sia chiaro che questo rapporto non deve farvi diventare dei maniaci, degli inerti, dei fissati. La vostra vita deve continuare attiva, con una logica e sana aggressività, con un’uguale tendenza al lavoro. Tutto deve continuare lo stesso, questo è l’equilibrio, non certamente stare sempre lì a meditare.