I “SEGNALI” DELLO SPIRITO

segnali dello spirito

(“Argomento trattato nel 1973” recita un asterisco a piè di pagina 124, ma sul testo non appare l’altro asterisco di richiamo neppure nella precedente pagina 123 dov’è riportato il titolo della comunicazione, per cui manca l’esatto punto di riferimento. – Nota del curatore.).

D. – Si parla della cecità di molte persone rispetto alle cose dello Spirito. Sembra straordinario che uomini dotati d’intelligenza, di penetrazione, in altri campi, e dotati anche di sensibilità, avendo preso contatto con l’argomento continuino a conservare questa chiusura estrema, come se l’argomento spirituale non risvegliasse in loro niente; neanche un’eco lontana, un ricordo, un ritorno di pensieri, un dubbio, una preoccupazione, un interesse. Per cui io dicevo che ciò dipende anche da una certa preparazione soltanto settoriale…

A. – Sì, ma c’è anche una causa più lontana, che si può configurare certamente a livello spirituale. Il fatto di avere una preparazione umana non significa niente. Cioè, umanamente, un essere può avere un’ampia cultura scientifica, umanistica, accademica in genere, e non avere alle spalle quella evoluzione spirituale che gli consente di fare quel passo in più che altri fanno con estrema semplicità, pur essendo sprovvisti di quella cultura scientifica e umanistica. Il fatto è che tutto questo risponde a una regola spirituale, perché uno Spirito il quale non ha ancora raggiunto una certa maturità evolutiva o è addirittura all’inizio della sua parabola della interpretazione della realtà, aderisce diciamo pure d’istinto all’Universo materiale, energetico. Riconosce la formalità delle leggi, perché non può disconoscerle, ma non risale a Dio attraverso la realtà che osserva. La scoperta di Dio è una scoperta postuma: avviene dopo.

Uno Spirito che inizia la sua parabola può anche ignorare il problema di Dio. Sa che esiste perché questa conoscenza gli viene dal profondo: ma non essendovi un riscontro con la ragione, egli la mette da parte, e non se ne occupa fintantoché lo scoprimento d’una ulteriore realtà non lo costringe a ritrovare l’istinto del divino e a metterlo di fronte alla ragione e alla conoscenza, per operare poi quella critica che lo porterà in seguito all’accettazione completa di Dio.

Non sembri strano tutto questo: che un essere spirituale senza corpo possa trovarsi di fronte a questa situazione, che possa cioè addirittura ignorare, non occuparsene, se non, in qualche caso, addirittura negare l’esistenza di Dio. Non meravigli, perché, vedete, ancora una volta si riafferma il mio vecchio principio: tra un essere spirituale e un essere incarnato, tra uno Spirito e un uomo non c’è una sostanziale differenza. Il problema di Dio, che poi diventerà – si capisce – il problema dell’anima (e sulla Terra diventerà il problema spirituale della sopravvivenza ecc.), il problema di Dio è un problema che si presenta allo Spirito e non all’uomo. Infatti voi potete benissimo vivere senza minimamente trattare l’argomento di Dio, perché è un problema, è un argomento che affronterete dopo e lo dovrete affrontare necessariamente. Ma sulla Terra nulla si aggiunge a voi, nulla si toglie se trattate o non trattate l’aspetto divino. Potete crederci o non crederci: non vi spostate di un millimetro dalla vostra evoluzione, tanto l’evoluzione non è affatto legata al credere o non credere in Dio, ma è legata a ben altre cose e cioè, appunto, a quella sommatoria d’esperienze di cui abbiamo sempre parlato, e in queste esperienze la realtà di Dio non c’entra affatto. Che poi credere in Dio a livello pratico possa anche far comodo allo Spirito – perché sappiamo benissimo quale illuminazione, quale conforto, quale pace deriva dall’accettazione di Dio – questo è un altro discorso, ma dal punto di vista dell’evoluzione lo Spirito deve seguire i suoi passaggi obbligati.

Ora, uno Spirito il quale da essere spirituale ha già questo atteggiamento nei confronti della realtà spirituale, è chiaro che venendo in Terra egli porti in sé una parte di questa tendenza che va a incrociarsi con quella naturale tendenza della materia che rifiuta tutto quanto è spirituale (Semplicemente perché è un aspetto “diverso” della Realtà universale. – Nota GdS.): e allora avete proprio quegli individui i quali sono sordi dal punto di vista dello Spirito e lo sono non per colpa loro, e non perché è soltanto la materia a prevalere, ma perché non c’è un vero riscontro a livello spirituale (Nel senso che lo Spirito non è ancora giunto a un livello evolutivo abbastanza avanzato da poterlo dare. – Nota del curatore.).

Il problema della sopravvivenza, intendiamoci, è un problema esclusivamente dell’uomo. Nell’Universo il problema della sopravvivenza non esiste. È quindi una caratteristica della conoscenza umana ricercare ciò che è oltre la materia, perché l’uomo vuole sentirsi confortato ecc., ma è uno pseudo problema che interessa soltanto lui.

Come potrebbe avere lo Spirito un problema di sopravvivenza? Per lo Spirito c’è almeno questa coscienza dell’esistenza. Uno Spirito all’inizio dell’evoluzione può porsi il problema in altri termini: per esempio, per chiedersi se la sua essenza, la sua realtà sia eterna oppure no. Quindi si tratta d’una sopravvivenza d’altro tipo (Si tratta cioè del problema dell’autentica immortalità metafisica. – Nota GdS.).Questo può essere un problema dello Spirito, ma è un problema, anche questo, che viene superato. In ogni caso non assume mai le fasi drammatiche del rapporto vita-morte, perché lo Spirito sa che la morte per successione di eventi non esiste e che, semmai, dovrà parlarsi d’una eventuale morte dello Spirito in generale e anche, in particolare di se stesso. Ma è un problema sempre visto in maniera molto lontana dallo stesso Spirito, perché egli non può mai scorgere la morte, perché nell’Universo la morte non esiste: né a livello universale, né a livello individuale; non si vede mai uno Spirito che muore. Dunque, se anche il problema viene posto dallo Spirito come eventualità di morte metafisica, esso è visto in una prospettiva molto lontana e pertanto perde tutti i caratteri della drammaticità, anche perché lo Spirito non è provvisto di emotività, essendo l’emotività legata al sistema nervoso e alla psiche. Ed è tutto questo che porta a voi l’angoscia della vita e della morte.

Ora, i materialisti, coloro i quali parlano soltanto di materia, hanno risolto a loro modo il problema, cioè l’hanno risolto nel senso che, comunque vadano le cose, la morte è un dato esistente, ed essendo tale, che si possa o meno sopravvivere è cosa che non interessa il ciclo della vita (Come fatto biologico e razionale, come sistema a sé stante. – Nota GdS.). Dunque, noi potremmo anche configurarcelo un tipo d’esperienza di questo genere, cioè potremmo anche considerare che in qualche caso potrebbe anche essere utile vivere così, cioè vivere un ciclo d’esperienze, sia pure materialistico, senza essere contaminati da idee che allontanano dal gruppo primario dell’esperienza, evitando la dispersività.

Gli uomini, in genere, sono molto dispersivi, e si potrebbe anche dire che il materialista evita la dispersività, e la evita perché, rispondendo a un fine dell’evoluzione e cioè a quello di venire in Terra per avere l’esperienza della materialità, egli, in fondo, non fa altro che adempiere proprio a questo principio senza lasciarsi minimamente distrarre da altre cose. Questo aspetto potrebbe avere un suo interesse e dico che qualche volta si può anche verificare. Però c’è l’altro risvolto, cioè che in definitiva, poi, questi stessi materialisti finiscono col non vivere neppure l’esperienza della materialità. Cioè, questa materialità, questo materialismo diventa soltanto un’etichetta teorica, un credo teorico che non ha rispondenza nell’esperienza pratica.

Intanto, tra il modo di vivere del materialista e il modo di vivere dello spiritualista non c’è una sostanziale differenza. Però si può anche ammettere un’altra ipotesi: si hanno anche molti Spiriti di buona evoluzione, i quali sono materialisti e non riescono a superare una certa barriera, direi teorica. Infatti non tutti i materialisti sono degli uomini perversi. Ce ne sono tanti di eccellenti; ce ne sono alcuni che sono davvero ottimi, il che significa che esiste un patrimonio spirituale alle spalle: che c’è almeno evoluzione.

Ora, dunque, il materialismo non significa molto. Bisognerebbe analizzare l’individuo e vedere perché e come reagisce in maniera negativa alla prospettiva spirituale. Può reagire anche perché in lui determinati principi spirituali sono stati messi in crisi. Non bisogna dimenticare che voi attraversate una crisi spirituale e cioè che, veramente, senza un’alternativa ragionata e coerente è molto facile fare i materialisti. L’uomo fortemente sensibile ai problemi generali dell’umanità, o anche dell’Universo, non trova nella cultura il riscontro a certi principi. Non li trova nella religione soprattutto. Non ritrovandoli e non essendo capace di crearsi un’alternativa anche teorica, egli nega tutto e cade nel materialismo. Questa ripetizione di errori porta a un tipo di mente che rifiuterà sistematicamente ogni prospettiva spirituale, la quale verrà scambiata per una pseudo religione, mentre si tratta di un nuovo umanesimo, di una nuova impostazione della vita e della morte.

Vedete, le stesse cose che noi diciamo potrebbero essere facilmente scambiate per dettami di una qualche religione, o di una qualche filosofia. Perché? Perché filosofia e religione (religione in particolare) hanno perduto ogni credibilità, e avendola persa è chiaro che ogni discorso di tipo metafisico ritorna sempre in questo aspetto della credibilità, e, per analogia, considerato problema di carattere religioso, viene negato in blocco.

Il materialismo, d’altra parte, si giova anche di tutta la nuova corrente scientifica che voi avete creato in questi ultimi decenni: una corrente che non ha avuto ancora una sua sintesi filosofica, e che è andata avanti negando e dimostrando tutt’altre cose, e in queste altre cose per lo Spirito sembra veramente non esserci posto.

D’altra parte, poi, diciamolo francamente, l’idea che voi avevate dell’anima era un’idea veramente alquanto assurda. L’essere umano con quest’anima che non si è mai detto cosa potesse essere, e che ha ricevuto le più assurde definizioni, di tipo magico o sovrannaturale, con uno spiegamento di forze alle spalle quali erano l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso: con questo Dio o pseudo Dio posto tra l’anima e questa specie di Eden o di Inferno, pronto a infierire con una spada infuocata. Un’immagine dunque mitologica e inaccettabile dalla ragione, inaccettabile nel momento in cui, puntualmente, la scienza costruiva il suo materialismo. Ed è chiaro che gli uomini, totalmente sbandati, hanno finito col negare tutto. Questo già si era verificato in passato perché, intendiamoci, i materialisti ci sono sempre stati, ma in passato vi era un’insufficienza di cultura, vi era un’insufficienza dei metodi di approccio alla cultura. Oggi vi sono ragionamenti più sofisticati, diciamo anche più profondi, e basta indirizzarli in una maniera o in un’altra per aversi o il materialismo o lo spiritualismo.

D. – Uno Spirito evoluto che s’incarna in un ambiente malsano, con abitudini sbagliate, può commettere azioni negative?

A. – Alcune sì e altre no. Diciamo alcune sì, tenendo conto che la sua struttura umana rifletterà l’educazione ricevuta. In questa educazione la tendenza verso gli errori è favorita dall’istinto, cioè l’istinto dell’uomo tende a soddisfare certi bisogni indipendentemente da un giudizio di tipo morale. Quindi c’è una prevalenza (almeno nel fanciullo) di tutta questa sintomatologia. Divenuto adulto, il potere e l’evoluzione spirituali prenderanno il sopravvento. Infatti vi sono molti casi di esseri umani che hanno avuto una gioventù travagliata e una maturità quasi santa. Uno di questi è quello di Francesco d’Assisi. Cioè vi sono possibilità di recupero, ma vi sono anche casi in cui il recupero non avviene, quando la mente è completamente chiusa a causa di un’educazione e di un’influenza sbagliate.

Vi sono anche casi di aperta ribellione. Devo dire che essi sono più rari, perché il fanciullo è estremamente malleabile, ed è difficile che lo Spirito possa dare suggerimenti di tipo morale, perché le stimolazioni, anche se vi sono, vengono soffocate dalla formazione stessa del cervello e della psiche che tendono appunto al soddisfacimento di bisogni, specialmente piacevoli.

Naturalmente, quando noi diciamo “azioni negative” non bisogna riportarsi a una pseudo-morale, ma a una morale più generale. Quindi parliamo dei casi più conclamati: se, per esempio, un uomo possa uccidere un altro uomo, perché i confini tra moralità e immoralità sono molto, ma molto labili, e sulla Terra sono piuttosto convenzionali. Ma parliamo del caso tipico, che può essere quello dell’omicidio. Bene, nei casi più gravi dirò che l’essere umano non riuscirà, se spiritualmente evoluto, a uccidere un altro essere umano. Ecco perché dico: è possibile in parte sì e in parte no.

Diciamo che tale Spirito in un corpo inevoluto (“Corpo inevoluto”, cioè con una psiche condizionata – da ambiente, educazione ecc. – in senso “negativo”, antisociale per esempio. – Nota GdS.) non raggiungerà il massimo della negatività, e che quindi non riuscirà mai a uccidere un altro essere umano. Si trova allora una sorta di compromesso tra lo Spirito, ovvero lo stimolo spirituale, e le esigenze della psiche, per cui sarà, sì, un essere per metà asociale, ma sarà un’asocialità che non raggiungerà le forme deliquenziali più aspre, ma solo quelle intermedie che molto spesso la società finisce col tollerare.

In altri termini, uno Spirito evoluto non compirà grossi errori, ma la mente sarà portata a farli a mezza strada. Ora, molti di questi individui giunti in età adulta riescono a capire. Tutto questo dipende poi dalle circostanze, da un giusto incontro, da situazioni che mutano nella società, nella famiglia, nell’ambiente. Tante persone hanno una gioventù un po’ sinistra e poi si raddrizzano; il raddrizzamento spesso è dovuto a una miglior conquista dello Spirito, o perlomeno a segnali spirituali che giungono in maniera più precisa a un cervello e a una psiche in grado di recepirli.

D. – È allora possibile distinguere gli evoluti tra coloro che commettono atti negativi?

A. – È una distinzione, però, che tutto sommato non va fatta così, perché in coloro che commettono atti inevoluti, ancora una volta bisogna distinguere. Che cosa intendiamo per evoluto e per inevoluto, sulla Terra?

D. – Tutto ciò che può arrecare del male agli altri, per esempio.

A. – Sì, questo è certamente il principio sul quale voi dovete basarvi. Però bisogna anche tener conto di molte attenuanti. Vi sono persone che fanno del male agli altri per ignoranza: perché non sanno, perché non capiscono, perché non riflettono bene su quello che fanno, e involontariamente fanno del male; un male che eviterebbero se avessero una migliore prospettiva della conoscenza. Però noi dobbiamo accettare questo principio non avendone altri migliori di paragone, e certamente questa distinzione può andar bene per classificare gli uomini, sia pure in una maniera grossolana. Però con questo metro voi finite col classificare gli uomini, mettendo da una parte i buoni e dall’altra i meno buoni. Ed è una distinzione che non si dovrebbe fare, perché la Terra è soltanto un passaggio dello Spirito. I segni buoni o cattivi sono segni che valgono tra di noi, tra di noi Spiriti, includendo anche voi, che siete Spiriti incarnati. Ma di fronte a Dio è una distinzione che non esiste, essendo tutti uguali nei suoi confronti. Ed è questo poi il principio assoluto di fratellanza tra gli esseri spirituali. Questa fratellanza in cui non esistono buoni o cattivi, ma esistono solo coloro che sanno di più e coloro che sanno di meno, e che non sono per questo meno buoni, perché sono semplicemente meno provvisti di conoscenza.

D. – Per lo Spirito, oltre le esperienze del nascere e del morire, quali sono quelle che lo possono veramente interessare?

A. – Vedi, sulla Terra interessa tutto. Lo Spirito viene sulla Terra, diciamo con un termine un po’ brutto, per arraffare tutto quanto gli è possibile. L’”arraffare” è in questo caso un termine brutto ma molto preciso, perché lo Spirito perdendo quasi totalmente la coscienza di sé in questo corpo, consente che questo corpo arraffi veramente tutto quello che gli è possibile sulla Terra, salvo a rifarsi un giudizio preciso, ovvero un inventario dei beni a disposizione, a morte avvenuta. Perché, in realtà, per quanto possa programmarsi le esperienze, lo Spirito non riuscirà mai a farle come le ha decise. Vi sono sempre delle deviazioni, delle soste, degli inceppamenti per la strada. Per questa strada della Terra egli finisce sempre con l’incontrare situazioni impreviste; quindi col raccogliere migliaia di microesperienze delle quali non aveva la più pallida idea nel momento che è venuto in Terra. Dunque, veramente è un arraffare, prendendone in quantità.

Si capisce che in questo “arraffare” c’è una linea portante che è quella che lui ha scelto, e su questa linea confluiscono una massa di informazioni veramente impressionante. Un primo gruppo di questo impressionante numero d’informazioni viene dato nel periodo in cui state a scuola: pensate semplicemente a quante informazioni confluiscono nella mente di un ragazzo. Informazioni, badate bene, che allo Spirito non interessano minimamente, perché cosa volete che importi allo Spirito della storia, della geografia o della matematica? Non importa proprio niente. Però, attraverso questa miriade di segnali informativi che raggiungono il cervello, c’è un lavoro interiore che il ragazzo fa. Volontariamente o involontariamente egli trasmette altri tipi di segnali al suo inconscio, cioè alla sua struttura profonda. Questi segnali modificano la sua coscienza interiore, la quale, unitamente al segnale spirituale, elabora una sorta di progetto di tipo vitale, di tipo dinamico. Il progetto, a sua volta, subisce variazioni continue, a seconda delle informazioni che riceve.

La prova di tutto questo vi viene dal fatto che i ragazzi ogni settimana fanno un progetto per il loro avvenire. Sembrano voler far tutto nella vita. Il ragazzo sogna a occhi aperti: una volta vuol fare l’operaio, una volta il medico, una volta chissà che cosa. Queste variazioni nei progetti derivano dall’incrocio tra i segnali esterni di tipo informativo, culturale o meno, le esigenze dello Spirito che invia deboli segnali (quindi la linea portante dello Spirito) e l’elaborazione che sta avvenendo nel suo inconscio (Nota GdS: Rammentiamo che il termine “inconscio” ha per l’Entità Andrea una accezione diversa da quella in uso in psicoanalisi: è la condizione di “incontro” tra Spirito e segnali della coscienza umana – v. “Rapporto dalla Dimensione X, Ed. Mediterranee, Roma, Cap. 3, pag. 324). Durante tutto il resto della vita, senza accorgervene, continuate ad andare avanti così. Le informazioni e i segnali non saranno più di tipo scolastico; diventeranno altri segnali: del mondo del lavoro, del mondo sociale, della situazione economica in cui versate, del sistema degli affetti e di come l’avete organizzato, fino alle vostre elaborazioni: esigenze dell’istinto, impatto tra istinto e realtà esterna, mentre su tutto questo grava la “legge del mondo”, le inibizioni: questo si può fare e questo no. E tra il poter fare e il non poter fare, voi finite con l’innestare un giudizio che alla fine non è neppure il vostro, ma è un giudizio risultante dalla sommatoria di tutti quei segnali che sono entrati in voi, per cui voi credete di dare un giudizio, e invece esso è soltanto una risposta atipica che proviene dalla sommatoria di tutti i segnali incamerati.

E allora, ecco che nell’arraffare le esperienze e in tutto quello che abbiamo visto, lo Spirito non c’entra per niente. In tutto ciò lo Spirito non ha quasi nessuna parte. Lo Spirito gioca soltanto una sua carta, che può essere vincente o perdente, che è questa: la sommatoria di questi segnali – chiamiamoli segnali – che poi diventano esperienze, informazioni, le cose che fate, le cose che non fate, quelle che vorreste fare, quelle che non vorreste fare e dovete fare ecc., tutte queste manifestazioni all’atto pratico si tramutano in vostri atteggiamenti, in vostri giudizi, in vostre operazioni. Lo Spirito a questo punto ha, diciamo, una sola carta vincente. E qual è? È chiaro anzitutto, come premessa, che una parte di questi segnali, di informazioni del mondo – se veramente vi ha colpito nel profondo – può passare allo Spirito. Passata allo Spirito il compito sarebbe quasi esaurito, perché lo Spirito è venuto prevalentemente per questo, cioè per ricevere questi segnali. Ma egli, badate bene, vuole verificare la sommatoria di questi segnali, di queste esperienze. E come? Le verifica nel momento in cui il gruppo di esperienze, di segnali lo raggiunge ed egli dà loro una risposta uguale e contraria, in un certo senso, risposta che attraverso i canali dell’inconscio tende a giungere al subconscio, da dove, se l’operazione riesce, passa alla coscienza. Questo segnale-risposta è il segnale qualificante dell’esperienza, e cioè la maniera morale o spirituale con cui si esprime il vostro comportamento a seguito della sommatoria dei segnali. In altri termini, tutti questi segnali informativi raggiungono lo Spirito (ma prima di raggiungere lo Spirito, è chiaro, sono già entrati, dilagando, nel cervello, nella psiche che hanno già conquistato). Intanto voi, come uomini, dovreste utilizzare questa massa di segnali, e la dovreste utilizzare così come l’avete ricevuta, invece quando date la risposta voi utilizzate tutto questo secondo un taglio spirituale che è particolarissimo, che è soltanto vostro, e che è il taglio spirituale dato dal segnale dello Spirito, che passando attraverso le vostre esperienze – cervello e psiche – qualifica la vostra risposta al mondo. È per questo che voi siete fatti in un modo e non in un altro, e ciascuno di voi è dissimile dall’altro perché ciò è dovuto all’interpretazione profonda di tutte le esperienze che viene data dallo Spirito. Ed essa viene data nell’unico modo possibile: attraverso un segnale qualificato. Perché, vedete, altrimenti qui si potrebbe configurare una teoria che per voi sarebbe un’assoluta novità (e avreste potuto già capirlo) cioè, al limite, si poteva anche stabilire diversamente la vostra vita: lo Spirito viene in Terra: attraverso la vita raccoglie tutte queste informazioni che passano a lui; quindi egli, insalutato ospite, dopo aver incamerato le informazioni non dà alcuna risposta sul piano umano. In questo caso la vostra vita sarebbe stata veramente inutile sul piano sociale, cioè quello che fate o non fate non avrebbe avuto alcun valore, proprio perché, ormai, le informazioni lo Spirito le avrebbe già prese e basta. E che importanza ha che voi rispondiate nella vita sociale in una maniera coerente e morale? Tanto, si tratta di reazioni materiali che non interessano lo Spirito. È stato però stabilito che il rapporto è di “andata e ritorno”, cioè che c’è un segnale dello Spirito a livello della mente perché le informazioni devono essere a catena continua. Essendo così, è chiaro che voi avreste un danno enorme se il corpo non ricevesse segnali di tipo spirituale, perché vi trovereste all’improvviso in mezzo al caos, in una vita completamente animale, senza alcuna qualificazione di tipo morale, di tipo superiore, spersonalizzata. E ne avrebbero un danno tutti gli Spiriti successivi al primo anello della catena. Il primo anello no, ma gli anelli successivi sì: ne avrebbero avuto un danno enorme, perché non avrebbero ereditato quel patrimonio di tipo anche morale dato dalla civiltà nelle sue tappe, nelle successive fasi storiche.

Ecco che dunque tutte le esperienze diventano utili. Perché una esperienza sia utile occorre che venga completamente digerita, affrontata cioè in maniera cosciente, in maniera razionale. Razionale e non passionale, ovviamente. E l’esperienza deve essere portata nel profondo di noi stessi, quanto più profondamente è possibile. Solo a queste condizioni il segnale passa allo Spirito, perché tra voi e lo Spirito c’è una barriera, grossa, pesante, che è tutta la vostra materia. Voi sulla Terra siete fatti quasi interamente di materia. Ed è proprio questo il punto per cui io non mi sento di dare neppure tutti i torti ai materialisti, i quali, sia pure in maniera un po’ incoerente, hanno accettato in modo globale questa visione.

Ma, vedete, la visione spirituale così come l’avevano configurata i vostri religiosi e i vostri filosofi era veramente destinata a cadere al primo urto dialettico, proprio perché la vostra scienza ha dimostrato quanto prevalente sia l’attività della materia, anche nel corpo umano.

E diciamo dunque che resistere a oltranza su certi principi spirituali sarebbe stato un suicidio. Suicidio al quale va infatti incontro la religione, proprio per voler conservare questo suo atteggiamento. Ora la realtà è che veramente il vostro corpo è fatto quasi interamente di materia. Intanto diciamo che è fatto interamente così (e non “quasi”) per quanto riguarda tutta la sua attrezzatura biologica e psichica, perché per lo Spirito noi parliamo in termini di “segnali”, e questo l’ho detto dal primo giorno. Io utilizzo il medium in questo momento, e gli Spiriti vostri utilizzano il vostro corpo preso occasionalmente in prestito.

E cosa volete che sia questo prestito? Che duri un’ora e mezza, il tempo della seduta, oppure novant’anni? Cosa volete che sia di fronte all’eternità questo rapporto? Ecco perché in fondo siete tutti dei medium, se vogliamo, e trasmettete tutti segnali di un altro mondo, ma non ve ne accorgete.

Ora questo discorso, preso sotto un altro aspetto, porta alla conclusione che il corpo è un’organizzazione materiale, ed è chiaro a questo punto, che mancando la prova del segnale, quando è morto il corpo si dirà che è finito veramente tutto. Da questo punto di vista non si può dar torto a tale teoria. Il fatto è che c’è semplicemente un segnale, questo è il punto. Un segnale che per noi è dovuto allo Spirito che trasmette in questo corpo, con impulsi che devono essere tradotti, perché sono “segnali-simboli”. Ciò vien fatto attraverso l’inconscio sino alla mente superiore. E ciò in vari modi, quando accade, perché in molti casi il segnale non viene neppure captato.

Ora questa è una realtà di fatto. Ed è inutile parlare di anima a grosse lettere se non si accetta anzitutto questo principio. L’anima secondo gli antichi, dentro al corpo e avente la sua forma, con gambe, braccia, naso e occhi, è un’immagine mitica che non corrisponde alla verità. E quando parliamo di segnali parliamo di centrale che trasmette i segnali, cioè di struttura dello Spirito che trasmette questi segnali, e parliamo poi di struttura dell’anima per intendere questo involucro che è anch’esso energia, ed è chiaro che trattandosi di una energia essa sfugge al tempo e allo spazio, ed è chiaro anche che tutto questo non si troverà nella materia intesa in senso biologico. Il discorso va quindi spostato come abbiamo appunto cercato di impostarlo noi. È anche chiaro come perda d’importanza gran parte della vostra vita di fronte a questo fenomeno, perché la parte autentica che in voi pensa non è quella che vi riconoscete allo specchio ma è quella che voi siete veramente ed è una cosa assai difficile da apprezzare, anche da parte vostra, finché siete uomini.

Vedete, quando voi vi mettete davanti a uno specchio (ed è un esperimento che potete fare perché è interessante e porta a delle meditazioni che solitamente non si fanno) vi riconoscete e dite: – ma io sono veramente quella cosa che c’è nello specchio? – Oppure le vostre mani: guardate qualche volta attentamente le vostre mani e dite: sono le mie mani. Ma queste mani siete forse voi? E gli occhi e i capelli e la bocca e il collo, siete forse voi tutto questo? Poi ascoltate la vostra voce attraverso questo apparecchio che vedo qui davanti, il quale penso possa registrare le vostre voci come registra la mia. Ascoltate la vostra voce: tra voi e la vostra voce che differenza c’è? Nel momento in cui la voce è lì fissata e non vi appartiene più? Eppure l’ascoltate e dite: – ma questo sono io, è il mio pensiero.

Meditate su alcune cose importanti e, meditandole, registratele; poi, a distanza di alcune ore o di una giornata, riascoltatele. È probabile che voi riusciate a ascoltare cose che vi sorprenderanno, e direte: – è possibile che io possa aver detto queste cose che sembrano dovute a buone meditazioni?

Bene: tra voi e la vostra voce, o i pensieri espressi dalla vostra voce, comincia a crearsi un dualismo, cioè la vostra voce è una cosa che va ascoltata ma non sembra più appartenere a voi o, se appartiene a voi, è già diventata estranea. Ecco che allora voi potete cominciare a meditare su ciò che veramente siete e che non è la cosa che è lì nello specchio, perché il vostro pensiero profondo… siete mai riusciti a fermare un vostro pensiero? Cercando di catturare questo vostro pensiero nel momento in cui si manifesta, cercando di andare in profondità, in voi stessi, come se doveste fare una discesa nel profondo? A un certo punto voi vi accorgete che tutto intorno può sparire. Ma voi in quanto pensiero,no. Potete chiudervi al buio e continuare a pensare. Nella strada, su una montagna, in mare, in un deserto; in qualunque posto possa esserci anche solitudine, voi siete lì inchiodati con il vostro pensiero.

Voi, dunque, siete il vostro corpo o questo vostro profondo pensiero? Ecco che allora, un po’ alla volta operate come una discrostazione. Il vostro corpo è soltanto e veramente la crosta, qualcosa di cui potete fare benissimo a meno, perché voi, con questo vostro pensiero profondo, potete starci indipendentemente dall’esserci del vostro corpo. Infatti voi questo pensiero profondo lo potete conservare e aver fermo dentro di voi: se siete vestiti o se siete nudi, se state nell’acqua o se state nel gelo, oppure nel caldo, al buio o alla luce, al sole o sotto le stelle. In qualunque condizione tutto il corpo veramente può apparirvi estraneo perché tutta la vostra totalità si concentra nel fatto che possedete il vostro pensiero profondo.

Ma eccoci al punto: non possedete il vostro pensiero profondo: voi siete quel pensiero, e non siete altro, badate bene. Voi non siete una cosa che pensa di possedere un pensiero profondo, voi siete il pensiero profondo che si autoafferma. È la centralità del vostro essere che non viene data da una definizione indiretta, per cui voi avete l’impressione di star giudicando un pensiero, e questo è un errore di posizione nella situazione. Quando voi definite il vostro pensiero non siete un’altra cosa, siete quel pensiero profondo che si autoafferma. Ed ecco che voi potete dire: io sono A., oppure G.; e nel dire che io sono A. voi non pensate a un A. che sia diverso da quell’io, ma a una identificazione, perché la vostra realtà, la vostra esistenza, il vostro io sono là, in quel punto centrale su cui avete fissato la vostra autentica attenzione. Tutto quello che c’è intorno è un’incrostazione che può anche non esistere, e infatti, nel momento in cui morite, ecco che ritornate al vostro pensiero profondo e tutto il resto non ha più importanza per voi, perché in realtà non doveva averne neppure prima. Ma prima eravate soverchiati dalla realtà esterna perché non pensavate con quest’io profondo, ma pensavate attraverso lo specchio, e nell’affermarvi vi guardavate allo specchio, e nel riconoscervi lo facevate allo specchio, e vi ascoltavate attraverso le orecchie. Ecco che era tutto falsato: era falsato dalla materia. Una materia che pensava per i fatti suoi e si organizzava esperienze per i fatti suoi: esperienze capaci di soddisfare i bisogni dell’occhio, dell’orecchio, della bocca, dei sensi in generale. Tutte cose utilissime, d’accordo ma che non sono la verità, perché la verità arriva quando, attraverso l’uso di questo sensorio, l’esperienza riesce a raggiungere quell’io profondo. E lo raggiunge nel momento in cui voi – autoaffermandovi, riconoscendovi – ristabilite anche quello che siete: il vostro punto d’identificazione, ed è in quel punto che confluiranno le esperienze maturate attraverso il sensorio, cioè il corpo. Ed ecco che voi allora, a distanza di anni, ritrovando questo io profondo, vi accorgete che è un io profondo più completo, più forte, più preciso. Significa allora che le idee fondamentali dell’esperienza hanno colpito quel punto e che la coscienza profonda è una coscienza ampliata, più chiara, più precisa.

Questo non è ancora lo Spirito, attenti a non confondervi. Quest’io profondo non è lo Spirito: siamo in una struttura ancora superficiale nei confronti dello Spirito, ma sicuramente non siamo più nella materia, cioè siamo in quei punti di confluenza tra Spirito e materia. Lo Spirito apparirà chiaro e completo quando tale sovrastruttura sparirà, mentre l’essere, quest’io profondo, non muterà sostanzialmente dopo la morte, ma avverrà solo uno spostamento…

D. – È difficile fare tutto ciò, o può anche accadere a volte spontaneamente, per una raggiunta maturità di pensiero?

A. – Sì, questo accade. Perché possa accadere è necessario, naturalmente, meditare, riflettere, senza crearsi però certe alienazioni. Basta mettersi con costanza di fronte a sé stessi. È una cosa che si può fare, sulla Terra.