(Questa registrazione è del 1965 – Parla l’Entità Andrea. – Nota senza riferimento.) – (Nota posta originariamente a piè pagina. – Nota del curatore.)
Si nota oggi, in Terra, un allontanamento sempre più grande delle esigenze di natura tipicamente umana, fisica, dalle esigenze di natura sociale. In realtà, non vi è niente di più sbagliato.
Il problema del sesso è un problema di sociologia, è un problema di medicina, ma direi che è soprattutto un problema umano.
Da un certo punto di vista non lo chiamerei neppure un problema: è un fatto umano. Il problema già implica qualcosa da dover risolvere. Ora se qualcosa c’è da risolvere in questo problema è l’eticità, la liceità o meno di tutto ciò che va sotto il nome di sesso. Innanzitutto voi distinguete (e anche noi seguiamo questa distinzione, abbastanza ovvia peraltro) l’amore, per così dire, spirituale, dall’amore di natura fisica; l’amore che ha un appetito esclusivamente spirituale, un godimento estetico, dall’amore che ha un appetito puramente carnale. Da questa distinzione fondamentale scaturisce una morale, una morale di natura umana, beninteso, la quale, per esempio, ammette la liceità di un amore materiale a condizione che sussista un substrato spirituale. L’etica umana è questa: un amore materiale è consentito a condizione che sia ispirato da una ragione spirituale; ed è una affermazione completamente priva di senso inquantoché quì si confonde evidentemente Spirito con materia.
Un amore esclusivamente spirituale, posto che esista (naturalmente sulla Terra, perché fuori della Terra il problema non si pone), evidentemente non può mai ispirare un appetito di natura umana, volendolo considerare in assoluto. Ma, evidentemente, sulla Terra le due cose si possono anche contemperare, tenendo presente che un amore spirituale in assoluto non esiste. Può esistere un amore spirituale relativo, non assoluto. Un amore spirituale può diventare assoluto soltanto quando è portato verso oggetti metafisici, così l’amore per Dio, l’amore per certe situazioni spirituali, l’amore alla carità, insomma l’amore in astratto, ma quando esso invece passa attraverso i canali dei sensi e ha per oggetto non un elemento metafisico, ma un elemento fisico, qual è dato da un altro essere umano, di sesso opposto, non può esistere come amore spirituale assoluto.
Badate che questa precisazione importantissima, per tutto il discorso, coinvolge in questa problematica dei rapporti anche il padre e i figli, la madre e i figli. Cioè a dire, esiste una componente di natura sessuale finanche nei rapporti d’amore tra figli e genitori, a sessi invertiti. Ora essi non assumono un aspetto di vera e propria genitalità, ma hanno tuttavia una loro componente ben precisa che si colloca in una zona della struttura mentale. Nell’uomo esiste una censura di natura spirituale e questa censura permette l’inglobamento solo di certe sensazioni sessuali nei rapporti tra genitori figli, ma quando ciò non si verifica (vedi gli animali, per esempio) sono possibili senz’altro dei connubi e una riproduzione di specie lungo l’albero di una generazione naturale e continua, e cioè con veri e propri accoppiamenti nell’ambito della stessa famiglia.
Ora, nell’uomo la situazione è ovviamente diversa. Dal punto di vista strettamente umano la liceità del diritto naturale nella riproduzione della specie, è assicurata dall’istinto primordiale che porta due esseri al congiungimento. Sul piano spirituale il problema è stato inglobato in un condizionamento sociale. Infatti, socialmente, perché ciò si verifichi e si abbia la riproduzione della specie, è necessario il matrimonio. Poi, nel matrimonio, si crea una situazione ibrida, una situazione antilegale, ma tutto ciò evidentemente non ha nulla a che vedere con la morale, trattandosi d’una impalcatura di tipo sociale. In alcuni paesi della Terra, per esempio, ciò non si verifica già più, o non si è verificato mai.
Vedete, per esempio, la situazione dei paesi orientali dove a un uomo sono concesse più mogli. Anche qui la situazione è puramente contingente. Per limitarci ai vostri paesi europei dove esiste una morale ispirata un po’ a un criterio cristiano, ma più che altro a un certo retaggio greco-romano, in essi esiste questo ceppo familiare nel quale si salvaguardano gli interessi della prole e nel quale naturalmente è possibile la riproduzione della specie. Ma non è questo che evidentemente interessa la domanda stessa. Nell’ambito di questa domanda ho sentito chiedere, per esempio, quando è che l’uomo, nei suoi rapporti, può valicare quella che è una morale di fondo?
Cioè se, in effetti, esiste una morale anche nell’ambito del rapporto tra uomo e donna e se questa morale può essere in qualche modo valicata, come, per esempio, quando c’è uso contro natura dell’uomo e della donna. In realtà in quest’uso contro natura si dovrebbe fare un’opportuna distinzione tra quello che deriva da una vera e propria inversione di natura patologica, che diventa un vero e proprio delitto, consumato in maniera sadica o addirittura autolesiva o eterolesiva, e quello che, in realtà, non è niente altro che un puro incontro a un qualsiasi livello, nell’ambito della sessualità.
E non c’è dubbio che se ci riportiamo a una natura umana d’ispirazione divina il delitto non può esserci.
Cioè, in altri termini, l’uomo è stato fatto come è fatto. Noi torniamo sempre all’origine con i nostri discorsi. Se cioè l’attività dell’uomo corrisponda in qualche modo a un disegno, cioè a una legge. a una legge che non è soltanto di natura materiale ma che è soprattutto spirituale. In altri termini, la specie umana così fatta, è stata calcolata in anticipo? È stata così prevista? È stato considerato che l’uomo sarebbe nato con certi istinti esplicabili in una certa maniera e quindi con un ampio raggio di possibilità? Io senz’altro affermo che l’ampio raggio di possibilità è stato consentito inquantoché l’istinto della riproduzione è variabile e si manifesta a certi livelli, con certe tendenze e in certe occasioni.
Cioè, in altri termini, la stessa natura, o “madre natura” come piace dire a qualcuno, non poteva creare un istinto sessuale che si potesse far scaturire come se si premesse un pulsante della corrente elettrica, e quindi lungo un solo canale, ma evidentemente è stata data un’ampia gamma di possibilità, proprio per assicurare la riproduzione della specie in maniera tale che l’incontro tra due esseri diversi, un uomo e una donna, potesse avvenire a qualsiasi livello della natura, purché fossero salvi i fini della riproduzione.
È chiaro che, da questo punto di vista, quello che gioca è l’atteggiamento mentale o la predisposizione, o l’accettazione mentale. Non esiste il delitto contro natura nel senso stretto della parola, ma esistono situazioni contro l’uomo, contro il diritto o lesive del diritto e della libertà di un essere umano. Ma se questa libertà è accettata, è offerta ed è decisa, cade il principio contro legge o contro la morale, o contro natura, e nell’ambito di questa libertà l’uomo è libero di fare il proprio comodo, come crede e come vuole.
Né, evidentemente, può esistere una regola da parte della legge spirituale, che può badare alle modalità fisiche con cui si esplica un certo atto sessuale, ma essa bada semplicemente a quella che può essere l’intenzionalità di fondo o la necessità di fondo di natura biologica o spirituale. La modalità, purché sia salvo il principio della libertà, non interessa l’ambito divino. Ed è questa, evidentemente, una delle tante libertà concesse all’uomo. Né potrebbe essere altrimenti visto e considerato che il principio dell’uso materiale del corpo è un principio stabilito dalla legge universale. Ora, in questa ampia possibilità d’uso, è salva ogni legge purché, appunto, sia salva la libertà, cioè vi sia l’offerta libera di ciò che si richiede e non, evidentemente, la coercizione.
Ora, in realtà, non è proprio così che stanno le cose sulla Terra, tant’è vero che si sono fatte delle distinzioni di natura anche teologica o di natura filosofica. Qualcuno di voi che ha potuto leggere i vari capitoli riguardanti il matrimonio e l’uso del matrimonio, avrà trovato naturalmente delle considerazioni talvolta sorprendenti, se si pensa che lo stesso San Tommaso d’Aquino ha trattato questo argomento in maniera tale da ammettere (tuttavia bisogna dire che questo non è del tutto esatto) che la finalità del matrimonio è appunto quella di avere dei figli, e che i figli si possono avere trattando fisicamente l’essere opposto soltanto nella maniera esclusivamente atta alla riproduzione della specie, escludendo qualsiasi altro rapporto che non avesse questo fine e queste modalità tecnico-fisiche. Ora, in realtà, questo modo di vedere alquanto ristretto fa sorgere un dubbio in sede psicologica. E, cioè a dire, se molti enunciati pseudo-morali stabiliti dagli uomini non siano venuti da persone le quali non riuscirono ad avere una certa mentalità “sessuale”, ossia se non siano venute certe disposizioni morali da situazioni del tutto contingenti che siano state avallate dall’autorità di certi filosofi.
Non bisogna dimenticare che, nell’ambito della Chiesa cattolica, per esempio, si dà un gran peso a tutto quello che ha potuto scrivere Tommaso d’Aquino, e che quindi si è creato un certo tipo di filosofia o di psicologia cristiana, basandosi su principi del genere i quali. in realtà, poterono venir fuori da una persona che non conosceva, per esempio, il trauma sessuale e quindi considerava l’uomo a un livello al quale l’uomo non si trova.
Ora, la questione della libertà e della liceità nell’ambito della sessualità, è una questione che trova in linea di massima consezienti tutti noi Spiriti, nell’osservare il problema dell’uomo. E riconosciamo che, in effetti, anche il modificare certi istinti purché essi non siano contrari alla libertà, non può rappresentare per l’uomo un pericolo. In fondo, a voler seguire certi enunciati psicologici, o a considerare la psicologia dell’uomo, ci si accorge che certamente la sessualità vi occupa un posto importantissimo.
Ciò significa che essa sta alla base di molte manifestazioni umane, e questo non significa che vi sia soltanto attività nel senso più ampio della parola. Per taluni, e io concordo con loro, sessualità è anche sinonimo di genialità, ovvero essa è alla base della genialità, è un substrato dell’intelligenza stessa; è, insomma, una delle tante forze che stanno alla base di certe attività psichiche. Non necessariamente, quindi, sessualità come genialità, ma sessualità come forza vera e propria dell’essere umano, come vita. Una vita che tende in avanti, una vita che avanza, una vita proiettata in alto, quindi, in effetti, una parte buona, sana, dell’organismo umano.
Ora, è chiaro che l’essere umano è un essere che va educato. Ed ecco sorgere un altro problema: l’educazione della sessualità, che non è un’educazione sull’uso o meno di essa, ma un’educazione per tentare di sviluppare alcune parti della sessualità in maniera funzionale e in armonia con tutto il complesso mentale dell’uomo.
In altri termini, la forza sessuale è una forza che si scarica attraverso molte vie, tra queste vi è l’intelligenza, vi è la volontà e vi sono canali di creatività, vi è l’attività di tutti i giorni che non è un’attività nel senso puramente fisico, genitale, ma un’attività in senso intellettivo. In altri termini, la sessualità è una di quelle potenti leve che muovono la mente dell’uomo.
Non in tutti però si manifesta in questo modo. In molti essa resta ristretta all’ambito puramente genitale e, così restando, si blocca una parte dell’intelligenza, e non rimane che una carica fortemente erotica che è di natura esclusivamente materiale.
Ora, in che senso la spiritualità può agire sulla sessualità? Non nel senso di bloccarla, ma nel senso di sfruttarla anche per altri usi. È la sublimazione della sessualità, Ma il termine sublimazione è un termine equivoco però, che a me piace poco, perché in senso religioso la sublimazione significa l’annullamento totale della sessualità, questo bisogna tenerlo presente. Infatti, la Chiesa che cosa vi dice? Di bloccare, di non usare, di moderare, e non vi dice di usarla, immettendola in altri canali. La chiesa vi parla di blocco, tant’è vero che parla di azioni “impure” trattando del problema della sessualità, non riuscendo a concepire una sessualità in senso vitale, che serva all’uomo non soltanto per la riproduzione, ma anche per altre manifestazioni. Ora, essendo così le cose, è semplicemente delittuoso bloccare la sessualità inquantoché si blocca proprio uno dei canali più importanti. E d’altra parte, rendere traumatizzante il problema della sessualità è praticamente la stessa cosa.
Ora, come l’uomo possa usare tutto questo non è facile e non è agevole dirlo. Direi anche che, allo stato della vostra situazione sociale, educativa, pedagogica, scolastica o che dir si voglia, è praticamente impossibile. Ma non è tanto questo il discorso a cui io tendo in questo momento, quanto alla legittimità o meno di questo uso.
L’uomo ha il diritto di usare la sessualità come gli pare e piace? Sì, però a essa si applica il principio di filosofia del diritto a voi già noto. Sì, tutto questo è valido, purché naturalmente non leda la libertà altrui, inquantoché per manifestare un’attività di tal genere occorre che vi sia un altro essere di sesso opposto. Ora bisogna che sia salva questa libertà. Io non posso imporre a un altro essere di sesso opposto quelle che sono le mie tendenze senza che dall’altra parte siano accettate, volute, ricambiate e corrisposte. Se io uso di queste tendenze esclusivamente per un fine egoistico, vengo a ledere la libertà altrui e, ovviamente, poiché questo concetto si applica a tutte le manifestazioni della vita, non si vede perché debba esserne esclusa proprio l’attività sessuale. Ma – si obbietterà – l’attività sessuale è primaria nell’uomo, nei confronti della donna. Infatti è l’uomo che, per antico retaggio, o perché è l’essere che riproduce, conquista la donna e che quindi, in altri termini, impone alla donna quelli che sono i suoi istinti. Anche questo si basa su una considerazione sbagliata. Non è vero affatto che la donna sia un essere inferiore all’uomo, dal punto di vista sessuale e che, cioè debba subire l’uomo. La donna subisce l’uomo perché è stata tenuta da secoli in questa condizione di soggezione, e così ci riallacciamo al concetto della condizione della donna nella civiltà e nel mondo.
La donna, fino a qualche secolo fa, era l’essere succube dell’uomo. Succube non soltanto in senso sociale, ma anche nei suoi rapporti più intimi con l’uomo. Succube all’estremo, come voi sapete, e molti di voi hanno studiato il problema. Tanto, che essendo l’attività sessuale culminante con un piacere di ordine fisico, alla donna era negato quello stesso piacere di ordine fisico. In alcuni paesi, addirittura, le donne che giungevano al piacere fisico venivano allontanate dal marito e considerate esseri impuri e, in qualche caso, potevano anche essere perseguite.
In questa situazione drammatica, traumatica, direi che è logico che la donna abbia conservato uno stato di succubismo che la porta a una condizione d’inferiorità nell’ambito stesso del matrimonio e nei rapporti col coniuge. E non vi è niente di più sbagliato, in quanto dal punto di vista strettamente fisico non esiste alcuna differenza tra l’uomo e la donna; aggiungerò anzi che la resistenza della donna all’attività sessuale è nettamente superiore a quella dell’uomo.
Ora, tutto questo si è talmente ripercosso attraverso i secoli che si è giunti indubbiamente (e questo fino a qualche secolo fa, oggi non so), a una vera problematica della frigidità della donna nei confronti dell’uomo, cioè si è fatto un riporto ereditario di natura inconscia che si è tramandato nella specie umana femminile. Ora, questa è una situazione anormale dal punto di vista del diritto naturale e dal punto di vista della natura pura e semplice. È chiaro che, superata questa situazione ambigua, questa situazione paradossale, sia resa alla donna la libertà dell’uso dei propri istinti al pari dell’uomo. È in questa considerazione subentra ovviamente l’applicazione di un principio spirituale, e cioè che la libertà dell’essere umano non è libertà soltanto a parole o una libertà solo in senso spirituale, ma anche una libertà di ordine fisico, purché non sia lesa la libertà degli altri. Qual è la condizione dello Spirito in tutto questo?
Allo Spirito, miei cari fratelli, non interessa granché tutto questo! Nell’ambito della liceità di un diritto naturale, l’azione dello Spirito è un’azione smorzata. Allo Spirito non può interessare questo, se non per l’esperienza che gliene può derivare. Non dimentichiamo una cosa e cioè che, attraverso l’attività puramente sessuale, allo Spirito giungono fortissime esperienze. Questo è un lato quasi sempre dimenticato, proprio perché l’argomento è stato considerato tra i più “morali”. Lo Spirito attraverso il contatto con la materia (e questo è forse il contatto più materiale che ci sia sulla Terra, cioè un contatto naturale) trae un’esperienza diversa da quelle che sono le sensazioni più violente e più naturali della carne. In questo lo Spirito cioè veramente afferra la parte bruta della materia, e “bruta” è qui inteso non nel senso peggiorativo, infimo della parola, ma nel senso naturale più acuto. Cioè, egli è proprio davanti alla situazione di una materia lacerata, percorsa fino in fondo, presa nelle sue sfumature più importanti e più sensibili.
La situazione è simile a quella di un uomo il quale si trova, da una parte a vedere la natura attraverso l’immagine di una mucca e a dire “è una mucca fatta di carne” e, dall’altra, a vedere nella stessa mucca una grande fetta d’arrosto. Egli, nell’arrosto sanguinolento, vede veramente la materia, con il suo sangue, con i suoi umori, e veramente penetra l’essenza di qualcosa di fondamentale e d’importante. Così, attraverso la sessualità egli, Spirito, vede e sente tutto questo. Ma lo Spirito deve fare un’altra operazione perché tutto ciò sia valido. Deve trasformare questa esperienza in una esperienza spirituale. Cioè, egli deve dare un significato a tutto questo. e allora ecco che, da un certo punto di vista, si pone una differenza in quest’uomo che usa della materialità della sessualità, anche per un principio di natura etica. Egli è cioè coinvolto, egli è preso dalla materialità della carne, ma per un motivo sottinteso che gli sfugge, per seguire certi fini diversi e infine giungere a un nucleo d’esperienza che lo renda umano, comprensivo, che lo renda insomma più consapevole.
Certo, io dico una cosa difficile da attuarsi perché l’uomo in Terra riesce a concepire il rapporto sessuale soltanto come rapporto di puro piacere, in realtà, anche attraverso questo si può raggiungere qualcosa di ben diverso e di superiore. Si può trarre dalla materia non un godimento immediato, ma l’esperienza d’un godimento. Si può usare la materia non come materia in sé, ma per penetrarne la “materialità” in una esperienza più vasta dell’uomo, in modo da far sì che la sessualità diventi un elemento della maturità dell’uomo come esperienza. Allora, in siffatto modo, non può crearsi alcuna inibizione all’uomo, non può negarsi alcun diritto a tutto questo. Perché è un uso che si fa della materia, sì, per il raggiungimento di piaceri anche immediati, (e se non ci fossero questi piaceri non si potrebbe avere il resto), ma soprattutto per un fine diverso. Questo discorso non coinvolge soltanto la sessualità ma coinvolge tutta la vita e noi ne parlavamo una volta a proposito del lavoro.(Nota GdS: v. “Rapporto dalla Dimensione X”, cap. 4° – L’esperienza della materialità).
Il lavoro in se stesso è una cosa banale, è una cosa futile, ma chi affronta il lavoro con un altro scopo e cioè quello di trarre da esso l’esperienza, la vitalità, la materialità, i suoi significati sociali, psicologici; chi, anche da un lavoro banale, è capace di risalire a un’idea del lavoro, a un ideale dell’attività umana, a un’attività di tipo universale, di tipo metafisico, quest’uomo veramente trae un’esperienza dalla propria vita di lavoro. Così, al contrario, chi pensa esclusivamente al lavoro senza trarre da questo alcuna essenza, fa un lavoro inutile.
Così l’uomo il quale si serve della sessualità senza avere davanti a sé un ideale, senza che nel consumo dell’atto sessuale ci sia uno stato di sublimazione, sia pure larvato, un fine, una ragione che non sia soltanto una ragione di ordine materiale immediata, ma una ragione più generica che non deve necessariamente diventare un’idea metafisica o spirituale, oppure un’idea filosofica, ecco, quest’uomo non acquista nulla.
Nessuno di voi dovrà dar conto alla legge di Dio (Cioè a se stesso, come Spirito. – Nota GdS.) di quello che ha potuto fare in quest’ambito quanto, semmai di quello che ha tratto da quest’ambito. Ed è quello che interessa lo Spirito. Ritorniamo a un antico discorso. Lo Spirito viene in Terra per usare la materia, ma per usarla non soltanto fine a sé stessa, ma per trarre da essa certe esperienze. Ora non è che ci debba essere un programma in senso filosofico, ma un ideale, sì, un’idea, una ragione: un’idea per quanto modesta, ma un’idea. L’uomo insomma deve muoversi con un’idea, deve fare certe cose per una ragione.
Sì – mi dirà qualcuno – ma la ragione è l’appagamento dei sensi, ed è la ragione materiale, d’accordo. Ma c’è un’altra ragione che può camminare parallelamente a essa e che non ve la nega, e che non vi dice di non usarla (tanto, anche se lo dicesse, sarebbe la stessa cosa per l’uomo, trattandosi di istinti naturali e non di istinti acquisiti; cioè l’uomo non può farci niente e chi dice il contrario vuol dire che non ha di questi istinti). Bisogna cioè creare un fine spirituale, trarre un’esperienza anche da tutto questo. Ora, molti uomini (e quando parlo di uomini intendo sempre uomini e donne) questa esperienza la traggono naturalmente. Col passare del tempo si ritrovano cioè con un’esperienza. Ora io porterei questa innovazione: fare in modo che l’esperienza non scaturisca automaticamente, ma che essa sia già programmata, che cioè vi sia già una idea all’inizio e che vi sia una maggiore lucidità nel compiere certe cose: un fine diverso. Esaminare la situazione per trarre qualcosa dopo, per capire. In questa maniera la vita diventa utile, l’esperienza apparentemente più banale o materiale, diventa ugualmente esperienza buona, perché tutto diventa buono purché passi almeno attraverso la ragione e divenga un motivo di vaglio, di studio.
Qualcuno dirà – ma com’è possibile fare uno studio in seguito a un’attività sessuale? Com’è possibile tutto questo? – È possibilissimo, tutto si può analizzare, dipende dalla predisposizione, dipende dalle ragioni che si pongono nella vita. Insomma, quello che vorrei è che l’uomo non andasse avanti nella sua giornata, così, alla ventura, e che non affrontasse la vita così come viene, senza un’idea, senza un programma, senza un fine. Ovvero è un fine che talvolta riguarda il vostro lavoro, il voler raggiungere quel posto, il voler fare certe cose, il veder sistemati in un certo modo i figli, la famiglia, ma questi sono fini immediati. Ma un fine vostro, direi quasi egoisticamente vostro, non c’è. All’uomo, da questo punto di vista, questo egoismo è concesso.
Bisogna programmare la propria vita e dire: – Cosa voglio raggiungere? Che cosa voglio trarre da questa vita? La mia vita è organizzata così, io faccio questo, ma cos’altro posso fare che veramente serva al mio Spirito? Cosa devo dare al mio Spirito? – Prima di tutto gli dovete dare la comprensione degli atti che fate, cioè dovete rendere intelligenti le cose che fate: passatele al vostro Spirito, vagliatele, digeritele, magari anche dopo che le avete fatte, ma assimilatele, non andate avanti alla ventura!…
Sempre per restare nel tema, a voi sembra che l’attività sessuale sia un’attività a sé stante, in cui ci sia soltanto il gusto, il piacere e il divertimento. È così indubbiamente, è anche così, ma non è solo così. Cioè, anche dalle attività piacevoli della Terra, appunto perché tali, potete ricavare di più. Forse dovreste poterle meditare di più. Non dovete meditare soltanto sulle cose spiacevoli, ma anche su quello che di piacevole ha fatto la natura e, in siffatto modo, l’esperienza sarà più completa.
D. – Ho letto la dichiarazione di un gruppo di giovani dai venti ai trent’anni i quali dicevano di essere lieti della loro castità, perché per loro era oltretutto molto naturale… Forse per la donna può andar bene, ma…
A. – Vedete, il discorso non si deve fare con questa distinzione pregiudiziale: forse per la donna e forse per l’uomo! Il mio discorso è stato un discorso sulla parità dei diritti e dei doveri.
Devo dire, oltre che da Spirito che ha una lunga esperienza della vita umana, che compiango questi giovani, per la verità, i quali saranno certamente dei cattivi mariti. E ciò non tanto in senso spirituale quanto in senso sociale, perché la castità è sommamente pericolosa per l’equilibrio psicologico di un essere umano, in quanto è contro natura.
Vedete, nessuna bestia è casta, né s’impone la castità, ciò vuol dire che essa è contro natura? Ora, in genere, anche nelle mie affermazioni filosofiche tengo presente sempre in maniera evidentissima, quella che è la natura. Perché ogni discorso teorico resterebbe un discorso inutile se non riuscisse ad agganciarsi a quella che è la realtà dell’uomo. Ora, l’uomo finché è in Terra è natura e, come tale, soggiace alle leggi della natura. Aggiungo subito che, beninteso, ci sono anche delle buone eccezioni: individui casti perfettamente equilibrati, ma essi sono molto rari, e molte volte sono equilibri apparenti.
In passato (probabilmente l’avrete fatto anche nel presente, non so) sono state condotte indagini, per esempio, nell’ambito di comunità religiose dove in genere uno dei primi elementi richiesti è proprio la purezza, la castità. Bene, io posso assicurare che nell’ultima epoca in cui io sono vissuto, e cioè qualcosa come tre secoli fa (Questo è uno dei pochissimi accenni del Maestro Andrea a sue precedenti incarnazioni, questa sarebbe avvenuta nel XVII sec. – Nota del Curatore), si sono sempre riscontrati in tali comunità squilibri di natura psichica molto evidenti. In molti casi questa sbandierata purezza o castità non era altro che un difetto della natura.
Io sono convinto che l’uomo con la volontà possa benissimo mantenersi casto. E qui si opera una distinzione: è per volontà che ci si mantiene casti o perché non si avverte il bisogno, o la necessità? Perché se non si avverte lo stimolo, il caso è ovviamente di competenza del medico. Forse a questo punto dovrei escludere la donna, con una certa cautela, tenendo presente soprattutto elementi ereditari, con una certa cautela però, e secondo una certa percentuale. In genere l’uomo che arriva all’età di 23 o 24 anni e che non avverte affatto un biso
gno di natura sessuale, è un uomo malato. Quindi sbandierare questa castità oltretutto non mi sembra molto bello, anche se lo è dal punto di vista della morale convenzionale.
È vero che si usa dire in Terra, come si è sempre detto, che l’uomo esercita questa attività dopo il matrimonio. Ma il fatto di voler legare la natura a un’occasione di natura sociale non mi sembra conveniente. Capisco però benissimo che qui sorgono dei problemi sociali, di organizzazione sociale. Cioè, a un certo punto, è chiaro che tutto il discorso potrebbe diventare un discorso contro la famiglia. Si può infatti dire che uno dei baluardi della società, una delle sicurezze, è la famiglia, perché essa permette di poter guidare ed educare i figli.
Ora si potrebbe dire: se si lascia la libertà all’uomo di poter usare liberamente dei sensi prima del matrimonio, bisogna pure che vi siano altrettante donne che, prima del matrimonio, abbiano la stessa libertà sessuale, e allora cosa succederà? Come salvaguardare la famiglia? Bene, questa è una domanda un po’ diversa da quella iniziale, e alla quale non saprei probabilmente rispondere in maniera persuasiva, visto che la società è quella che è. In effetti è difficile poter dare un giudizio, ma è questo uno dei problemi più gravi e più seri che esistano. Perché, in effetti, un uomo può anche non sposarsi. Un uomo allora, che per tante ragioni non incontra una donna che ama, o viceversa, dovrà dunque mantenersi casto per tutta la vita? E se non può mantenersi casto bisognerà allora sempre ammettere che esiste una certa percentuale di donne le quali sono dedite a un’attività sessuale fuori del matrimonio.
D. – Allora esisteranno sempre situazioni sessuali fuori del matrimonio?
A parte il fatto che esse sono sempre esistite e che esisteranno sempre, mi sembra che il problema si riduca allora a una convenzione umana. Cioè, il matrimonio serve all’uomo e alla donna per un’attività che può svolgersi fuori del matrimonio? Certamente no. Ma proprio perché esiste una forte percentuale di esseri umani che non si sposano, non si può negar loro – e questo è il diritto – di far uso del proprio corpo e dei propri istinti. Non glielo si può negare. E se non lo si può negare in via naturale, bisogna pure che questo rapporto sia avallato al di fuori dell’ambito della famiglia e del matrimonio. Se è così, il problema non sorge più, inquantoché chi non ha intenzione di sposarsi può fare liberamente il suo comodo. La situazione potrebbe essere così inquadrata. Non è una situazione veramente buona, dal punto di vista sociale, ma è una situazione di fatto. Cioè, in pratica, sulla Terra voi avallate già tutto questo, perché coloro i quali non si sposano si sa benissimo che svolgono anche un’attività sessuale, quindi implicitamente la società lo ammette e tacitamente lo consente. Voi dite: – ma la società non può impedirlo. – Certo, la società non può impedirlo. Se la società dunque non può impedire l’uso di un diritto legittimo, qual è quello di usare del proprio corpo, allora tanto vale che la società elimini un aspetto della sua morale e che dichiari la libertà dei rapporti sessuali fuori dell’ordine matrimoniale. Dovete convenire che si tratta di una situazione di fatto e che così come l’ho esposta non troverebbe altra soluzione.
Esiste dunque una situazione sociale che è una situazione falsa, cioè esiste una società che è immorale di per sé, perché non ha il coraggio di ammettere certi principi e di avallarli, trincerandosi dietro il vincolo matrimoniale che quando c’è, d’accordo, può essere rispettato, ma che spesso non viene rispettato, figuriamoci poi quando non c’è il matrimonio!
Ora, la situazione è questa: o il mondo deve andare avanti con queste disposizioni, con queste leggi, con queste morali convenzionali che non valgono niente, naturalmente, oppure dovrebbe avere il coraggio di riformarsi in tale materia. Ma, naturalmente, non essendo una cosa facile ci si richiama alla responsabilità dell’uomo, del singolo. Cioè, l’uomo sa benissimo che coll’uso del suo corpo può far venire alla luce dei bimbi: in quest’ambito l’uomo deve assumere le sue responsabilità. Se l’uomo si assume queste responsabilità, e cioè quelle di allevare i figli se verranno, è ovvio che egli è salvo davanti alla legge spirituale.
La legge dello Spirito non obbliga al matrimonio, né ammette solo i figli nati legittimamente dal matrimonio. La legge dello Spirito pretende che un uomo che abbia dei figli li educhi, li protegga, li aiuti, fino all’età della ragione. Se l’uomo fa questo, che sia o meno sposato, a Dio non interessa, in realtà. Tanto più che Dio è prontissimo a colpire con la sua legge coloro i quali pur essendo sposati non allevano i propri figli, li abbandonano o li educano male (Qui il senso del “colpire” non significa ovviamente che vi sia un intervento diretto di Dio, cosa che la dottrina del Maestro Andrea non contempla in assoluto, ma che nello Spirito vi sarà il riconoscimento interiore dell’errore nei confronti della stessa legge spirituale in lui connaturata, con tutte le sue conseguenze. – Nota del curatore.). Quindi, evidentemente, Dio non ne fa una questione di legittimità di figli nell’ambito di una famiglia, ma ne fa una questione di dovere da parte del genitore verso il figlio. Il genitore che non educa il figlio è perseguibile dalla legge spirituale, sia o non sposato: ciò non ha alcuna importanza, è evidente. Dio non può assolvere quelli che sono sposati e condannare quelli che non sono sposati!… (Qui evidentemente l’Entità Andrea si richiama sempre alla legge connaturata nello Spirito equiparandola a una legge divina, il richiamo a Dio si riferisce a questo e non a un’azione diretta della Divinità. In questo intero paragrafo bisogna tener ben distinte le due cose; dato che l’Entità Andrea usa un linguaggio figurato che potrebbe dar luogo a equivoci rilevanti per chi non conoscesse l’intero suo corpo dottrinale. – Nota del curatore.).
D. – Penso però che il problema sul piano pratico si risolva da sé, con una ripercussione favorevole sulla stabilità dei gruppi familiari. Ove la famiglia sia voluta e quasi resa obbligatoria, come rapporto matrimoniale dei coniugi, da una morale convenzionale, si tende a creare dei nuclei non stabili, in quanto essi non hanno superato l’esperienza di cui si è detto, l’esperienza sessuale nell’aspetto più vivo, più vitale, più importante. Mentre vediamo invece che, dopo una certa esperienza sessuale, gli individui s’incontrano e creano stabilmente certi nuclei familiari, perché evidentemente hanno esaurita la propria carica, quella prima sperimentazione della materialità allo stato elementare e affrontano quindi l’esperienza matrimoniale con una diversa coscienza e, di conseguenza, con risultati di maggiore stabilità, di maggiore comprensione, di maggiore saggezza.
A. – Non c’è alcun dubbio che l’uomo il quale si sia mantenuto completamente casto sia portato alla superficialità nella scelta dei coniuge, inquantoché in lui predomina l’istinto, la tendenza, il desiderio comunque di sposarsi per esaudire il proprio istinto sessuale. L’istinto sessuale predominerà in lui checché ne dica, in maniera tale da rendergli superficiale l’analisi di altri elementi che invece dovrebbe valutare, perché in quel momento la sua spinta è esclusivamente quella atta a soddisfare un certo istinto nel matrimonio. L’uomo invece il quale sia già esperto, che sia passato al vaglio di questa esperienza, non ha evidentemente un desiderio così prorompente o non l’avrà affatto. Ed egli riguarderà con maggiore attenzione gli altri fattori dell’unione che sono altrettanto importanti. Non oso dire più importanti perché l’elemento sessuale è un elemento importantissimo nel matrimonio, checché se ne dica dal punto di vista religioso. La maggior parte dei matrimoni sbagliati sono matrimoni sessualmente sbagliati, quindi la sessualità è un elemento non importante ma importantissimo, però c’è bisogno del concorso simultaneo di altri elementi, è chiaro, perché nel matrimonio non vi è solo l’elemento sessuale, ma vi sono anche altri interessi, che completano l’atmosfera del rapporto umano. Ora, questi altri elementi sono altrettanto importanti e devono essere valutati e vagliati. Ma un essere umano completamente casto in genere non li vaglia. Egli è teso al matrimonio così come l’assetato alla fontana e non bada troppo se la fontana ha acqua potabile o non potabile, quindi la beve e basta, perché ha sete…
D. – Come si spiega che per la donna esiste una constatazione di verginità dal punto di vista fisico, anatomico, mentre non esiste per l’uomo?
A. – Questo è un fatto del tutto naturale, è la natura che è così. Poi è diventato un fatto etico, sociale, un fatto “morale”. In realtà la donna è nata così naturalmente.
A un certo punto, l’uomo è diventato geloso del suo possesso. Questo è, ancora una volta, un fenomeno animale, un fenomeno cioè di natura materiale, perché anche le bestie sono gelose delle proprie femmine, come certamente sapete. Il leone ama la sua leonessa e se vede un altro leone che si avvicina, lotta con lui. Ora, anche l’uomo una volta impossessatosi di una donna, cioè avendola inglobata nella sua vita, vuole averla solo per sé – è un fatto naturale – e non averla contaminata da altri. E allora è sorta spontanea la constatazione che ciò poteva essere accertato proprio attraverso l’integrità fisica della donna (almeno come priorità di possesso!). L’uomo dal punto di vista della riproduzione ha un ruolo predominante, infatti è soprattutto lui che riproduce la specie, non la donna. Cioè all’uomo è data la trasmissione della vita, e non alla donna. Perché sia così non ha grande importanza. Uno dei due doveva pure averla. Non è importante che l’abbia avuta l’uno piuttosto che l’altra. (Il ruolo predominante dell’uomo e qui inteso solo nel senso psicologico di iniziativa di approccio, fatto oggi non più valido per le mutazioni socio-culturali in atto. – Nota GdS.). Questa riproduzione che l’uomo attua, fa si che egli voglia istintivamente ottenerla in un terreno che sia, per così dire, di sua esclusiva proprietà, che sia vergine.
Cioè, psicologicamente, egli è portato alla conquista e alla proprietà del terreno ove inseminare la specie. E questo lo porta al senso di possesso come meccanica psicologica. Ma, naturalmente, il fatto stesso risente anche di quella che è la passionalità dell’uomo nei confronti dell’essere femminile. L’elemento o meno dell’integrità fisica ovviamente non è un elemento che possa entrare in gioco in una discussione di libertà dei due sessi. Tuttavia l’uomo ha indubbiamente questa sua resistenza passiva, che è molto antica, nei confronti della verginità femminile. Tant’è vero che questo fatto puramente umano noi lo abbiamo finanche nella storia del Cristo; Giuseppe era geloso della moglie, di Maria.
D. – Allora dobbiamo pensare anche a un problema di castità del Cristo, oppure egli conservò ugualmente l’equilibrio psichico necessario alla sua missione…?
A. – Come dicevo poc’anzi, vi sono dei casi eccezionali, Ma a parte l’eccezione di individui casti in cui la sessualità viene convogliata esclusivamente in un ambito psichico, spirituale, posso dire che il Cristo aveva una sessualità. Che egli l’abbia usata non potrei dirlo. Direi quasi certamente di no, ma la mia non è una risposta sicura al cento per cento. Tuttavia ritengo di no. Però so benissimo che il Cristo aveva una forte carica sessuale e che egli fu molte volte tentato. Si disse addirittura che la Maddalena era stata la sua amante. Non era vero, la Maddalena aveva per Cristo un amore spirituale, ma esso non era esclusivamente spirituale, era da parte di lei un amore anche umano, anche fisico. In realtà, era innamorata dell’uomo e dello Spirito, questo per la verità, comunque non c’era niente di male!
D. – Ma se il Cristo fu tentato, vuol dire che egli ha reagito, ma che ragione aveva se ciò è un fatto naturale e accettato anche spiritualmente?…
A. – Vedete, egli aveva uno scopo ben preciso dal quale non intendeva distrarsi in alcun modo. È un po’ lo stesso principio che viene applicato in teoria nell’ambito dei sacerdoti. Perché secondo il principio cattolico, il sacerdote non dovrebbe sposarsi? Proprio per indirizzare tutte le sue energie a un fine superiore, che non sia un fine familiare, e perché non sia distratto da altre cose.
D. – Ma la castità non ha portato al Cristo nessun squilibrio psichico…?
A. – Non gliel’ha portato, inquantoché egli aveva la possibilità di liberarsi, di operare una catarsi di natura spirituale. La sua vita completamente attiva, completamente dedita agli altri, continuamente in lotta con gli altri, lo portava automaticamente a scaricarsi. D’altra parte, devo dire, la mia non è una risposta sicura al cento per cento, quindi non saprei dire con precisione. Ritengo tuttavia che sia stato così. In ogni caso il Cristo è morto molto giovane, bisogna tener presente anche questo. I fenomeni patologici di cui parlavo non si manifestano solitamente a quell’età, ma cominciano a manifestarsi già un po’ dopo. O possono anche manifestarsi ma, intendiamoci bene, non è che un individuo casto debba diventare necessariamente matto, no, può semplicemente presentare una instabilità nell’umore, nel carattere, nell’equilibrio psichico.
Il Cristo, per la verità, aveva di queste instabilità, questo bisogna dirlo. Il sistema nervoso del Cristo era un sistema nervoso molto labile. Egli era un uomo il quale improvvisamente era preso da scatti d’ira, da scatti impulsivi (I Vangeli ne hanno riportati diversi. – Nota del curatore.). Ora io non sono in condizione, ovviamente, dopo duemila anni, di poter giudicare se fossero originati da questo o da quello. Probabilmente erano originati anche da altre cause quali, per esempio, lo scarso vitto, l’insonnia, perché il Cristo soffriva un po’ d’insonnia, vegliava fino a tardi insieme con i discepoli, camminava molto a lungo a piedi e, certo, a quell’epoca non c’erano le comodità che avete oggi. Tutto questo indubbiamente agì sul sistema nervoso dell’uomo. Ma, ripeto, questo non ha nulla a che vedere con la sua grandezza spirituale, nulla a che vedere con lo Spirito. Dal lato umano vi erano semplicemente di queste instabilità, di queste situazioni psicologiche particolari…
Tornando al nostro discorso, dirò che in individui che siano completamente dediti alla sessualità, abbiamo fenomeni opposti, che possono essere apatia, debolezza di carattere, assenteismo, crisi depressive ecc. Ripeto che però si tratta di punte estreme che l’uomo non raggiunge quasi mai.
D. – Le estasi di certe sante e le loro lettere che dimostrano un attaccamento morboso per la persona del Cristo, sono un fatto sessuale?
A. – Sì, lo sono. Lo sono anche per un’altra ragione molto semplice, ed è che molte di queste estasi sono estasi da innamoramento, perché alcune di queste sante, e comunque grandi Spiriti (tengo a dirlo come premessa, perché infatti non avevano colpa), alcune di queste sante erano innamorate del Cristo, nel senso umano della parola. Era per loro un amore spirituale che però passava anche attraverso il corpo, tant’è vero che molte estasi non erano altro che dei godimenti di natura fisica, e dalle testimonianze (non saprei dire di chi) di qualcuna di queste sante si capisce chiaramente di quale tipo era la loro estasi. Estasi di cui addirittura esse hanno scritto e nelle quali avvertivano vere e proprie sensazioni di natura fisica umana, quasi come se il Cristo le toccasse. (Particolarmente conosciuto è il caso di santa Teresa d’Avila. – Nota del curatore). Ovviamente non era il Cristo a toccarle, era una loro allucinazione tattile, visiva. Sono tutte cose, comunque, che non ledono minimamente la grandezza o la spiritualità di una persona, ma che anzi danno l’idea della compartecipazione fisico-spirituale, quale quella che in fondo l’uomo ha e che non può fare a meno di avere.
A questo punto si potrebbe fare una domanda che non avete fatto, e cioè se è completamente impossibile operare una proiezione fuori della materia. Dirò che questo è possibile. Ma ecco che siamo in un altro campo. L’uomo il quale si stacca dalla materia, spazia, come fanno certi yogi; ma essi cosa fanno? Per prima cosa operano una vera e propria azione repressiva sulla sensualità. Essi dominano il corpo, essi s’impongono la castità. Ma lì è un altro discorso: con l’imposizione potete fare quello che volete, è chiaro.
D. – Ma quest’imposizione dà traumi?
A. – Certo che li dà. Li dà, ammenoché non si operi una vera e propria rieducazione, si riesca cioè a coinvolgere, a trascinare questa sessualità verso altri canali della mente. E allora si deve creare tutto un nuovo equilibrio. Ma questo, ripeto, non è cosa a portata dell’uomo comune, soltanto spiriti superiori particolarmente addestrati, come per esempio gli yogi tibetani, riescono a farlo. È un’educazione che si ha fin da ragazzi. Ecco perché quando mi si chiedeva: facciamo dello yoga sia pure addomesticato, europeizzato, io ho sempre fatto notare che sono cose che si fanno iniziando da ragazzi. Nei ragazzi gli yogi cominciano a modificare la natura umana quando comincia a nascere la sessualità.
Essi prendono un ragazzo a 10 anni e cominciano a educarlo. Da allora essi, praticamente, immettono certe tendenze e modificano certi istinti al momento che si formano, e allora è possibile evitare i traumi, almeno fino a un certo punto, e in ogni caso è possibile creare nuovi equilibri. Da voi tutto questo non è possibile. Voi avete altre sollecitazioni, siete di un’altra razza ed è importante essere di una certa razza. La razza vuol dire diverse tendenze, anche l’istinto si modifica da razza a razza. Se prendete popoli nordici e popoli più vicini all’equatore avete già delle differenze. Nel vostro stesso Paese, vi sono differenze tra il sud e il nord per quanto riguarda la forza dell’istinto sessuale, quindi immaginatevi cosa accade in razze completamente diverse, educate per millenni a diversi equilibri.
Non so se ho risposto al senso della domanda che è stata posta al principio. Ho trattato l’argomento nelle sue linee generali, secondo una certa impostazione e a un certo livello. Ovviamente, su questo argomento si può dire ancora molto, perché è un argomento che può articolarsi in vari capitoli, speciali, particolari. C’è tanto da dire. Ritengo però che, probabilmente, molti di voi non sono abituati a un linguaggio molto chiaro, e io stesso ho cercato di adoperare un linguaggio piuttosto contenuto. Ritengo però che in una materia del genere il linguaggio debba essere chiaro, a onor del vero. Cioè, in fin dei conti, io stesso nel trattare questo problema con un linguaggio piuttosto severo e controllato, rischio col nuocere all’argomento, rischio cioè di crearmi io stesso un falso tabù spirituale.
Ritengo anche che sia necessario soprattutto un atto di rispetto verso l’uomo, il quale non è abituato a questa chiarezza e scambia facilmente la crudezza di linguaggio con oscenità di linguaggio. D’altra parte, siete naturalmente anche educati male, perché molti che usano un linguaggio molto castigato la pensano però in maniera non castigata. Cioè, v’è una parola formale che è castigata, e un’idea che non è castigata. E d’altra parte, è così perché a ogni idea corrisponde un’immagine. Voi pensate a una cosa e la immaginate, e la cosa in sé sembra impudica, immorale. In realtà, è perché siete stati abituati così, ma non c’è niente di impudico e di immorale nella sessualità quando è una sessualità vera, genuina, istintiva, che nasce veramente dalla natura umana.
Poi ci sono tutte le aberrazioni, le degenerazioni per meglio dire. Ma anche sulle degenerazioni ci vorrebbe tutto un discorso speciale. Le degenerazioni esistono fino a un certo punto. Vi è degenerazione anche quando una cosa non è accettata dalla convenzione comune, e che poi si fa lo stesso, anche da chi la condanna, magari. È un capitolo tutto speciale. Infatti abbiamo parlato soprattutto della normalità di queste cose. In quanto alla degenerazione ognuno ha poi le sue inclinazioni. E, lo ripeto, la legge spirituale non pone di questi controlli sulla natura.
Cioè vi sono cose degenerate che lo sono per taluni e non per altri. Anche nell’ambito dell’attività contro natura si usa un linguaggio che è sbagliato. Non c’è niente contro natura in realtà, c’è solo qualcosa contro la morale convenzionale, non contro la natura. Ammenoché per “contro natura” non s’intenda esclusivamente l’accoppiamento tra esseri di sesso uguale. In questo caso si è contro natura nel senso di andare contro la norma della riproduzione della specie. È però un capitolo speciale che non riguarda la “morale” di cui parlavamo. Escludendo il capitolo delle cose effettivamente immorali e che può rientrare nell’ambito di imperfezioni, nell’ambito di malattie psicosomatiche o di tendenze varie, veramente non c’è molto che si faccia contro natura. Avviene tutto nell’ambito di una scelta, di modalità, di tecniche e di operazioni che sono tutte naturali, quando sono liberamente accettate e rientrano nella libertà stessa dell’individuo.
D. – Sempre è esistito nell’essere umano il gusto del proibito. Un uomo, per esempio, è attirato, stimolato più da un’altra persona che dal proprio coniuge. Ritieni tutto ciò innaturale?
A. – Non è innaturale. Quello che è stato detto offrirebbe l’occasione dell’approfondimento di un certo aspetto del problema e si riallaccia a quello che dicevo poc’anzi. Nell’attività sessuale l’uomo il quale riesce ad approfondire il tema, anche per un motivo superiore, è l’uomo migliore. La questione del mistero, del nuovo, indubbiamente c’è, ma questo dipende dal fatto che ogni essere umano sembra in realtà poter dare delle varianti nelle sensazioni fisiche e che queste varianti sono notevolissime, in numero elevatissimo, per cui effettivamente mutare uno dei due elementi del rapporto sessuale, l’uomo o la donna, significa variare certe sensazioni di ordine fisico e di ordine psichico. Questo, indubbiamente, porta alla necessità, al gusto, al bisogno della scoperta, al bisogno di approfondire e di variare, proprio per variare le sensazioni, in dipendenza di cause di natura fisica, di natura tattile.
Effettivamente vi è una trasmissione da pelle a pelle che varia da soggetto a soggetto. Voi non l’avvertite molto. Certamente, se uno di voi tocca o stringe la mano a un altro essere non avverte nulla, però se egli veramente indaga, approfondisce la cosa, si accorge che c’è una variazione tra pelle e pelle e nel dare la mano a uno o all’altro avverte una differenza.
Tenete presente anche un’altra cosa e cioè che, nel momento in cui si giunge a un certo grado di tensione erotica, avviene nell’uomo un fenomeno curiosissimo: la sospensione di coscienza. La sospensione di coscienza è un fenomeno obiettivo, cioè reale e autentico. Questa sospensione della coscienza insorge in maniera del tutto graduale e provoca un fenomeno di natura quasi medianica.
Vedete, pochi riflettono che il fenomeno è tale da rendere l’individuo sensibilissimo. Questa sensibilità lo porta a notare certe differenze tra un essere e l’altro. Ciò può anche variare da un giorno all’altro, trattandosi di sensazioni che soggiacciono a vari influssi, quale può essere l’alimentazione, la stagione, le condizioni atmosferiche, l’ora, le condizioni di salute, la predisposizione psichica, e tante, tante altre cose, come per esempio ciò che si è letto la mattina. Voi sapete, o forse non lo sapete (si sono fatti degli esperimenti in questo campo anche in tempi passati), che la sospensione della coscienza è una vera e propria sospensione dell’attività nervosa, tanto che un individuo, in quel preciso momento, non avverte più nulla di quanto avviene, sia in senso piacevole, spiacevole o doloroso. Viene dunque sospesa qualunque sensazione che transiti attraverso il sistema nervoso. Il fenomeno, che è molto importante per quello che stiamo dicendo, indica che l’individuo, sia pure per alcuni attimi, è praticamente in stato di “trance”. Questa fase di “trance” è di origine medianica ed ecco che la medianità si riallaccia a un elemento sessuale, ed ecco perché i soggetti che posseggono facoltà medianiche sono, in linea di massima, soggetti sessualmente predisposti, in virtù del connubio esistente tra sospensione della coscienza di tipo medianico, come stato di “trance”, e sospensione della coscienza di tipo sessuale.
Questa analogia porta naturalmente a questo: che la variazione delle sensazioni allo stato di coscienza si trasmette in questa tendenza dell’uomo verso il mistero, verso l’approfondimento di certi temi, il mutamento di certi soggetti, proprio per la variabilità del mistero che si presenta diverso in ogni donna e in ogni uomo. Cioè, nel momento della sospensione della coscienza, l’essere è più ricettivo, a un livello subconscio, ovviamente. Prima però di arrivare alla sospensione della coscienza si ha tutta una scala di sfumature di sensazioni. La coscienza non si sospende all’improvviso, essa comincia a sospendersi nel momento in cui progressivamente aumenta l’eccitazione psicofisica, fino alla sospensione totale…