IL DOLORE SULLA TERRA – SU DIO.

ildolore

D. -… Non potrebbe la legge far sì che la nostra evoluzione si svolgesse in un mondo buono, giusto, d’amore? Perché tanto dolore? Anche se sappiamo che esso non è importante visto dal mondo dello Spirito, che è inconsistente, fine a se stesso… Perché non potrebbe essere in maniera diversa? (La domanda, anche se formulata in modo “sentimentalistico”, è sempre d’attualità e dà l’occasione all’Entità Andrea per una messa a punto logico- dialettica di livello elevato. – Nota GdS.).

A. – Perché, vedi, lo Spirito nel suo mondo rivela un’esistenza di ordine, di successione logica, di “pace” – per usare questo termine -. Vive, cioè, svolgendo esperienze intensissime e anche più qualificanti di quelle che si svolgono in Terra. Tuttavia, queste esperienze procedono con ordine perché lo Spirito è immerso in una condizione di equilibrio dal quale può evadere, naturalmente, quando afferma la propria libertà, oppure quando entra in contrasto con certi principi che interpreta, analizza, esamina. Si tratta tuttavia di contrasti mai violenti, soltanto punti d’incontro talvolta discordanti che poi si ricompongono, sicché lo Spirito vive una serie di esperienze, diciamo pure ragionate, in ogni caso in “pace”.

Il mondo che gli è attorno è un mondo di equilibrio, una consistente, equilibrata e giusta realtà.

Egli scopre i meccanismi di questo funzionamento, li vede giusti, precisi; perché questo è il mondo spirituale. Ma accanto a questo mondo spirituale ve n’è un altro che è la strutturazione, per così dire, di quello stesso Universo nella sua versione materiale, cioè nella sua versione non spirituale. Un Universo che, in quanto energia, realtà energetica, si muove, si evolve, dirompe, esplode, si ricompone; si genera e si distrugge.

In questo meccanismo dell’Universo per così dire “materiale” (Il materiale qui sta per non-spirituale in senso autonomo) c’è contemporaneamente un ordine/disordine (Cioè che si esprime con leggi “diverse”: quelle della materia – energia. – Nota GdS.).

In altri termini, lo Spirito contempla anche questo aspetto dell’Universo, il quale è finalizzato, ha i suoi fini, che, da quel punto di vista sono perfettamente coerenti e ordinati, ma la maniera con cui si svolge quest’ordine è talmente diversa da quella che lo Spirito concepisce, tanto da imporsi la sua conoscenza proprio per le necessità operative – direi – nell’intelletto, perché egli abbia ogni grado di conoscenza.

Lo Spirito, dunque, rivolge l’attenzione verso questo aspetto tipico dell’Universo per ben conoscerlo. La Terra è uno di questi aspetti nel quali lo Spirito si cala proprio fenomenologicamente e, calandovisi, esso è coinvolto, da questo naturale “disordine/ordinato”. Egli, cioè, non è che scelga (e nessuno sceglie per lui) una via del dolore.

Il dolore, anzitutto, è sempre del corpo; un dolore autentico in senso spirituale non esiste: è il corpo che soffre. Anche quando noi parliamo di sofferenza “spirituale”, diamo un’affermazione in un certo senso errata perché non intendiamo specificatamente un dolore, ma intendiamo uno stato di insofferenza dello Spirito di fronte a certe situazioni o quando si trova in certe situazioni. Lo Spirito non ha la possibilità di soffrire perché la sofferenza è anzitutto un’emozione, e dunque una cosa data dalla mente, dalla psiche, al fisico, al corpo. Vi sono dolori che appaiono come dolori “spirituali”: io li chiamerei ancora una volta insofferenze spirituali; una sofferenza nel senso di esacerbazione di una pena, no. Lo Spirito non ha tutto questo. L’insofferenza, si capisce, può raggiungere stati di parossismo, come negli spiriti “inferiori” i quali ancora non hanno maturato sé stessi. E questo parossismo dell’insofferenza potrebbe anche – lo concedo, naturalmente – chiamarsi una sorta di dolore, ma non come principio, come aspetto, come modalità di estrinsecare tale dolore. Ora, la questione che l’Universo sia organizzato così e che di conseguenza il corpo sia organizzato così, e che tutti questi elementi messi insieme producano una Terra così come voi la conoscete, non è una cosa voluta da Dio. È la conseguenza di una legge universale che viene ad applicarsi naturalmente alla materia (energia) e che lo Spirito affronta per conoscerla liberamente, coerentemente, coscientemente calandovisi; e sa che così facendo egli può uscire arricchito da siffatta conoscenza.

Se l’Universo materiale, si presentasse in una maniera simile a quella che è l’Universo spirituale, lo Spirito non avrebbe più alcuna necessità di penetrarvi e di conoscerlo. La questione è che lo Spirito intende conoscere un aspetto dell’Universo che è difforme dalla propria condizione; essendo difforme esso è bersaglio di esperienze; diventa cioè automaticamente bersaglio, necessità di procedere per conoscere questo tipo di diversità. E la diversità, è chiaro, provoca “sofferenza”. Anche volendo usare il termine sofferenza mi sembra naturale che debba scaturirne. Come d’altra parte scaturisce sofferenza per chiunque voglia, a un certo punto della sua esistenza, mutare prospettiva di vita e iniziare un corso completamente nuovo, diverso. Viene a mancare l’adattabilità, viene a mancare la naturalezza del contatto, viene a mancare l’interesse profondo. Perché l’interesse dello Spirito è, sì, profondo, ma si svolge più nella sfera intellettuale, che come piano di struttura dello Spirito. Lo Spirito come struttura, non ha problemi di conoscenza. Lo Spirito quale “sovrastruttura” intellettuale, cioè come personalità, che ha problemi di conoscenza e va quindi anche a scontrarsi con un tipo di conoscenza completamente diversa dalla propria nel momento in cui viene sulla Terra. E questo scontro tra due tipi, due criteri di impostazione, di esistenza, ingenera “sofferenza” e provoca di fatto, attraverso la materia, quel genere di sofferenza emozionale che dà il corpo. Fatti inevitabili e, aggiungerò, necessari.

Certo, possiamo dire che, al limite, se Dio avesse voluto avrebbe potuto benissimo dare a questo Universo materiale un ordine ritmico parallelo a quello della via spirituale. Ma a parte tutta una serie di ragioni per cui questo non è avvenuto, non avrebbe potuto giustamente far altro che ripetere un altro tipo di Universo spirituale.

D’altra parte, vedi, la cosa non deve sorprendere, anche se riferita allo stesso Spirito. Egli stesso quando avanza e affronta una nuova problematica, un nuovo piano spirituale, cioè un nuovo tipo di conoscenza, perché egli possa accedere a questa conoscenza e impadronirsene, deve sottostare a un travaglio di tipo conoscitivo, intellettuale, strutturale, cioè anche l’evoluzione puramente spirituale impone un lavoro allo Spirito. E il lavoro si esprime proprio definendolo come attività che implica uno sforzo di adeguamento e di adesione alla nuova prospettiva, uno sforzo di acquisizione. Cioè mette in moto tutta la struttura della personalità che si muove verso la nuova conoscenza. Il lavoro come tale implica attenzione, valutazione, sfruttamento di intelligenza, di saggezza, di capacità. Ora questo non si svolge a livello traumatico dello Spirito, semplicemente perché è uno Spirito, mi si scusi la doppia affermazione. Ma privato di questa linearità interiore, come nel caso in cui lo Spirito viene a contatto con tipi di conoscenza completamente diversi dalla sua struttura, ecco che questo lavoro diventa rischioso, diciamo, più penoso, un lavoro che produce, diremmo quasi, quell’attrito che poi è nel concetto stesso di lavoro; attrito il quale darebbe in Terra temperature incandescenti e che di fatto, a livello del contrasto Spirito-corpo-mente, si presenta come rischi, attività esacerbabile in ogni momento, come sforzo rabbioso, con tutte le complicazioni che lo Spirito subisce di rimbalzo, e per le quali l’elemento assorbente resta il corpo, il quale sta in mezzo intendiamoci, Perché da una parte c’è l’esperienza, ma dovremmo dividerla in parti o sezioni: la vera e propria esperienza, quella che viene assimilata come informazione a livello spirituale, mentale ecc., e l’altra che è la motivazione, la causa o la serie di concause che determinano la stimolazione di ordine conoscitivo.

Tale causa è di ordine traumatico: se un coltello ti taglia, l’esperienza di ciò passa nello Spirito ed essa non è dolorosa perché è un’informazione, ma il corpo “che sta in mezzo” ha una sua sofferenza perché è il “conduttore”, è l’elemento che conduce, che, anzitutto, in prima istanza, riceve l’esperienza traumatica e poi la trasforma in un’informazione astratta, dopo che vi è stato un impatto duro con l’esperienza stessa. Il corpo sta in mezzo a tutto ciò e non può fare a meno di avvertire tutti questi stimoli e di trasformarli col suo sistema nervoso in eventi dolorosi, spiacevoli.

Perché la cosa non ci interessa molto? Perché questo corpo è come una carta assorbente che riceve tutto quello che gli capita addosso: è come una carta soggetta a bruciare, cioè a morire e a non lasciare più traccia di quello che è avvenuto: resta soltanto quella esperienza passata nello Spirito. Allora, trattandosi di una cosa caduca, cioè di una cosa soggetta a morte, essa è uno pseudo problema, cioè non riguarda più la legge universale, perché il corpo è uno di quei miliardi di elementi che fanno parte di quell’ordine/disordine

dell’Universo. Esso è infatti soggetto proprio a questo principio: il corpo è imperfetto, è soggetto a malattie, a sofferenza, a organizzarsi in aspetti sociali imprecisi che generano altre catene di sofferenze. È, cioè, un elemento che provoca delle reazioni a catena, le quali non sono finalizzate, perché il genere umano è soggetto a finire, esso non ha una vita eterna e come tutte le cose che non hanno vita eterna, determina degli pseudo problemi.

Questa è la ragione per cui Dio non può evidentemente preoccuparsene, anche perché tutto questo è utile, è eccellentemente utile; lo Spirito trae vantaggio da tutto questo (Lo stesso Spirito ha – non a caso – “creato” attraverso la sua incarnazione l’uomo dalla scimmia antropomorfa per sperimentare la materialità sulla Terra e questo non va mai dimenticato! – Nota del curatore.) . Voglio dire che per noi spiriti tutto questo ci sta bene, ci conviene, è utile; ci fa piacere che le cose stiano così. La nostra prospettiva è completamente diversa dalla vostra. Diciamo che noi utilizziamo la Terra e ci fa piacere che sia così. Una Terra completamente calma, ordinata non sarebbe di nostro gradimento. Di fatto la Terra non è mai stata calma e ordinata: certo vi sono stati periodi di relativa calma nel senso che non vi sono state tante crisi, tante guerre, tante rivoluzioni, tanta miseria, ma questa è stata solo apparenza, la quale dice che anche quando vi è stata questa relativa calma vi sono state sofferenze di uomini, vi sono stati i prepotenti che hanno dominato i più deboli, vi è stato insomma sempre un travaglio di questo essere umano che ha faticato per trovarsi un momento più calmo nella giornata terrena. Ma da tutto questo lo Spirito ha sempre tratto dei vantaggi. Io una volta dissi: quando si pensa alla grande civiltà che potrebbe verificarsi sulla Terra, a questa civiltà di ordine, si pensi anche a quello che potrebbe accadere. Atlantide è morta per troppa saggezza, cioè l’ordine eccessivo renderebbe poco utile l’ambiente umano per la vita dello Spirito.

Lo Spirito è come un elemento vitale di tipo biologico che ha bisogno del suo terreno per poter vivere, e come un virus lo si deve coltivare in un terreno biologico proprio per poterne studiare, supponiamo, le modalità di sviluppo. Ora, il “terreno biologico” dello Spirito è la Terra, ma soprattutto è il corpo fatto così oppure anche diversamente da così; comunque un corpo immerso totalmente in questa sorta di attività, più o meno frenetica.

A volte io mi chiedo se sarà possibile attuare una sorta di terapia psicologica per riportare tutti gli uomini alla tranquillità e alla normalità. Io capisco che, data la finalità stessa della Terra (Per gli uomini come tali. – Nota senza riferimento.) voi tentiate di modificarla, cioè di darle ordine. Che tentiate cioè di diminuire qualche asprezza.

Perché, intendiamoci, la Terra è fatta così e ci sta bene ma, naturalmente, potrebbe starci bene anche fatta un po’ meglio, però è un problema che ci interessa fino a un certo punto, diciamo che è solo una questione di adattabilità, cioè lo Spirito si adatta comunque. Se la specie umana trova in sé la capacità, la forza, la volontà, la possibilità di modificare certi aspetti, che dal punto di vista biologico e funzionale sembrano troppo aspri, lo faccia, naturalmente, ma ricordatevi anche che certe stimolazioni vengono dallo Spirito, che una terapia in base alla quale tutti gli uomini potessero tornare di colpo a essere calmi, significherebbe anche ridurli a essere completamente intruppati. In altri termini significherebbe operare un plagio sulla totalità umana, trasformandola a proprio uso e consumo. A quel punto, è chiaro, si possono comunque fare sempre delle esperienze perché il corpo si può sfruttare in tanti modi che neppure immaginate. Ma voglio dire che per quanto riguarda il nostro dovere, esso resta intatto. Anche se c’è un’utopia di fondo in tutto questo perché urtate sempre fatalmente contro il principio dello Spirito. Il giorno in cui doveste modificare tutti gli uomini e farli diventare buoni e calmi, giusti ecc., certamente quegli stessi uomini si – annoierebbero talmente da chiedere a loro stessi le modifiche, cioè si creerebbe il problema di sovvertire l’ordine.

Perché la realtà è che voi vi lamentate delle vostre crisi e dei vostri disordini, ma io vi dico che se viveste in pace vi – annoiereste, ve lo assicuro. Provate a starvene un anno due anni in un paese calmo, lontano dalle grandi città, a contatto con la natura, con la campagna, con il mare, con i monti: vi – annoiereste terribilmente. Potreste subito obiettarmi: – perché siamo stati abituati a un altro ritmo. Non è solo per questo; è che l’uomo sopravvive grazie all’attività che svolge e, certamente, un’umanità come la vostra ha sempre lottato per sopravvivere e non sareste più capaci di vivere in completa pace.

Ancora una volta la storia vi ammonisce: gli uomini, dopo tanti anni, cercano le guerre. Perché? Non le cercano in sé stesse, ma cercano un’evasione, si creano nuovi problemi, nuove prospettive, proseguono i nuovi fini che sorgono di volta in volta. Il vostro cervello è quasi inesauribile; avete una fantasia abbastanza viva e questo noi lo sfruttiamo perché, intendiamoci, da un punto di vista proprio crudo, lo Spirito è uno sfruttatore della Terra. In un certo senso noi siamo i vampiri della Terra. Quando parlo di noi parlo anche di voi, si capisce. Noi spiriti: voi siete incarnati e io no, in questo momento, ma è la stessa cosa. Voi non lo ricordate e io sì. Ma noi sulla Terra ci siamo venuti e ci veniamo per sfruttarla per i nostri utili spirituali. Può sembrare brutto usare queste parole, può sembrare strano, ma la realtà cruda è questa: noi sfruttiamo la Terra. Non c’è colpa in questo, è chiaro. Perché? Questo potrebbe configurarsi come un egoismo, ma perché non c’è colpa? Perché l’altra parte, cioè la Terra, la materia, è una controparte che non ha Spirito, che non è spiritualizzata; non essendo spiritualizzata non la priviamo di niente. Questa è la ragione, non c’è sottrazione di bene che appartenga a qualcuno, ma c’è un bene comune che è l’Universo il quale appartiene a tutti noi spiriti dal momento che Dio ci ha fatto con questa finalità, in questo Universo.

D. – Non si potrebbe ravvisare in ciò un’unica matrice? In questo senso: del libero arbitrio indubbiamente lo Spirito ne fa buon uso, perché insito nella sua stessa natura, mentre l’uomo ne fa cattivo uso, promuovendo determinate cause con i relativi effetti. Quindi si deve stabilire un certo equilibrio, per cui per forza di cose si hanno determinati eventi, come guerre, pestilenze, malattie ecc. Senza dire poi che ci deve essere anche un certo equilibrio naturale perché se la Terra può ospitare, a mo’ d’esempio, cinque miliardi di persone e ce ne sono sei, un miliardo, per forza di cose, deve scomparire…

A. – La questione si può vedere anche da un altro punto di vista. Lo Spirito è tendenzialmente buono. “Buono”, per lo Spirito, significa che esso tende a un ordine naturale nell’ambito della propria evoluzione. Egli tende, per natura, per struttura, a coordinarsi e quindi a stabilizzarsi secondo un principio di ordine. Quest’ordine procede in maniera tale da non intaccare minimamente l’ordine degli altri spiriti. Cioè pur avendo una funzione autonoma, in un certo senso anarchica e personale, lo Spirito tuttavia, in questa sua “chiusura”, non intacca minimamente l’ordine e la libertà degli altri. Perché? Perché il suo mondo è autosufficiente, e in questa autosufficienza trova i motivi del suo equilibrio, diciamo della sua “pace” per intendersi. Cioè lo Spirito non ha bisogno di un altro Spirito per evolversi: ha bisogno dell’Universo, ma non di un altro

Spirito in particolare. La natura dell’essere umano come entità fisica invece, non è così. Il suo meccanismo è tale che lo porta a un tipico egoismo e ad affrontare continuamente la libertà e la problematica degli altri coinvolgendoli nella propria struttura, perché l’uomo di per sé non è autosufficiente. Lo sarà in senso biologico, nel senso che può vivere anche da solo su di una montagna, ma quando è insieme agli altri immediatamente scatta quella sorta di riflesso per cui si crea il nucleo, il gruppo. Lo Spirito, pur potendo procedere per gruppi, conserva sempre la sua autonomia e in realtà non investe mai la libertà degli altri. Quindi l’uomo sviluppa degli egoismi e tutte le attribuzioni più o meno negative che voi sopportate e che non è in vostro potere modificare. Come dicevano gli antichi filosofi: vi sono alcune cose che è vostro potere cambiare, altre no. Diciamo che dovete rassegnarvi, nel senso che la vita è questa. La rassegnazione non significa naturalmente accettare che accadano le cose nella maniera più incoerente possibile, perché siete deboli nell’affrontarle, non siete preparati. Indubbiamente vi sono moltissime cose che è in vostro potere modificare. Ma non tutte. Potete modificare le cose che dipendono dalla vostra attività, ma ve ne sono altre che dipendono dall’attività degli altri e che rimbalzano su di voi. Queste cose non potete evitarle: le dovete subire, ma il subirle significa accettarle coscientemente come esperienza, come fatti della vita che vanno riguardati quasi con curiosità scientifica e trasformati in un’esperienza mentale. In questa maniera ci si distacca quando si dice…

Ma, vedete, c’è una vecchia affermazione di tipo spirituale spesso equivocata. Qualche volta l’ho usata anch’io in particolari circostanze, dando luogo a qualche equivoco, lo riconosco: cioè, “voi sulla Terra, dovete elevare il vostro Spirito e dominare la materia”. Questa è un’affermazione mia, la riconosco, naturalmente, ma si presta a equivoco. Il giusto senso di lettura dovrebbe essere più o meno questo: “dominare la materia significa cercare di restare fuori pur essendone coinvolti”. Cercando anzi di farsi coinvolgere, ma restandone fuori col giudizio, cioè quasi per osservare freddamente le cose che accadono al proprio corpo. Dominare il proprio corpo nel senso di creare una distanza tra l’io mentale e l’io materiale, in modo che, come dicevano alcuni (per la precisione il Bhagavad Gita): ” Né per i vivi né per i morti i saggi menano cordoglio” (Riguardo alla B.G. vedi precedente nota a pag. 282. – Nota del curatore.).

Questo è il senso del dominare la materia. Dominare la materia, secondo alcuni, era allontanarsi completamente da ogni attività materiale; era vivere una vita quasi da eremita: no, non deve essere questa la vita vostra; sarebbe una vita forzata, non dico inutile, ma certamente improduttiva.

Il senso vero è quello di entrare nella materia e farsi coinvolgere da essa; è avere una vita ricca e piena di esperienze, di emozioni, di fatti, di notizie, di conoscenze; è sete di sapere, è affrontare qualunque situazione e trarne esperienza; non indietreggiare mai, avendo però sempre la forza di giudicare sé stessi come se si trattasse di altri, e restare tranquilli.

Io vi posso assicurare che dal punto di vista di chi ha studiato o studia le teorie dello yoga, chi attua queste cose non riesce neppure a soffrire, perché con questo principio portato al massimo grado della sua applicabilità, veramente gli eventi scorrono davanti come un fiume che non ci tocca e non ci bagna. Però giunti a questo grado di concentrazione la nostra attesa e il nostro sguardo sono talmente vigili che riusciamo a cogliere il più piccolo rumore di questo fiume, il più lieve profumo dei fiori che il fiume trasporta; riusciamo cioè a vedere le dimensioni e le profondità di questo fiume che ci scorre davanti, come un fiume estraneo che però continuamente vibra dentro di noi.

Sicché non è vero che dominare la materia, nel senso come io l’ho indicato, significa assumere un aspetto cinico e sprezzante nei confronti degli eventi. No! Significa osservare lo stesso il proprio corpo.

Vedete, alcuni maestri yogi, per esempio, facevano cose di questo genere, apparentemente assurde: tentavano di captare degli odori lontani. Siete veramente così affinati da riuscire a captare tutti gli odori? Oppure, se qualcuno vi tocca la mano, siete veramente capaci di trasformare questo in un’esperienza mentale? Siete capaci di avvertire il calore, le vibrazioni, la gradevolezza, oppure la sgradevolezza di tale contatto?

Voi non riuscite a sfruttare la vostra vita e la materia perché non sapete osservare, non sapete captare dalla materia quello che è, direi, la vita stessa della materia, il succo, l’essenza della materia. Quando voi riuscirete a fare questo vi accorgerete che le pene, molte pene spariranno, perché quando avrete riportato l’esperienza nell’alveo della ragione critica, cioè dell’osservazione quasi esterna, con una partecipazione solo esteriore, alle vibrazioni di questa materia, molte delle vostre pene legate soltanto alle deformazioni della vostra mente, spariranno di colpo. Anche la salute ne acquisterà, sarete insomma degli esseri nuovi. Come vedete, è allora possibile diminuire le esperienze negative della Terra, ma soltanto a condizione di imporvi, voi come me, un nuovo ordine, cioè una maniera nuova di osservare questo disordine che vi circonda e che in condizioni normali vi provoca una quantità di stress, una quantità di dolori e di pene. E ve lo provoca perché, innanzi tutto, voi siete impreparati ad affrontare la situazione caotica del mondo. Siccome siete impreparati vi lasciate coinvolgere anche dalle vostre emozioni, cioè da tutta la vostra personalità.

Ristrutturate voi stessi, riosservate un’altra volta il mondo che vi attornia e vi accorgerete di due cose: prima di tutto trarrete delle esperienze utilissime, di natura completamente nuova e diversa; in secondo luogo il mondo che vi circonda vi apparirà meno cruento. In realtà voi riuscirete a cogliere anche un ordine in questo apparente caos, perché sarà la vostra mente, il vostro io profondo, soprattutto, a porsi su un altro piano di osservazione e a guardare con altri occhi questo famoso fiume che scorre davanti a voi.

Vedete, queste non sono cose difficili, soltanto che per attuarle dovreste rinunciare a una parte dei vostri riti, delle vostre regole, dei vostri tabù, del vostro modo di concepire voi stessi, il mondo, la società. Non significa affatto, naturalmente, vivere in una maniera anarchica. No, significa, invece, acquistare una diversa coscienza del proprio valore, dei propri diritti, delle proprie possibilità. Voi vi lasciate sfuggire una gran parte della vostra vita solo perché non osate viverla, la vostra vita. Non avete il coraggio di viverla, non sapete viverla; siete completamente legati a tutte le vostre regole umane e non riuscite ad andare al di là di tutto questo. Rinunciate così a una gran parte delle vostre esperienze. Ora, naturalmente, aggiungerò subito che questo, tutto sommato, non avrebbe una grande importanza, ce l’ha però secondo un fine spirituale perché, vedete, voi dovete venire sulla Terra molte volte. Vite, le quali se si potessero svolgere nella maniera come dico io, diminuirebbero il numero delle vostre incarnazioni. È certo: perché una cosa è portarsi un carniere pieno dall’altra parte e altra cosa è portarselo mezzo vuoto, cioè essere costretti a ritornare. Qualcuno potrà dire che la vita comunque è una cosa pesante, ma il suo peso dipende dal fatto che non siete stati capaci di organizzarla in un certo modo. Non sembri contraddittorio questo, rispetto a ciò che ho detto prima circa l’utilità di una vita da svolgersi così come la svolgete. La questione è che la Terra continua ad andare bene così com’è. Naturalmente, il fatto che un uomo possa vivere di fronte a un certo caos con un determinato atteggiamento è un fatto utilitaristico dello Spirito. Cioè lo Spirito veramente può in questa maniera venire qualche volta in meno. Sappiamo però che questo discorso, per esempio, non può farsi allo Spirito. Perché qualcuno potrebbe subito chiedermi. – ma, allora, se lo Spirito queste cose le sa, perché non vive alla maniera da te indicata? -. Perché, dirò, questo è un discorso che non può farsi allo Spirito disincarnato; non è valido, non provoca reazione, perché è soltanto nella struttura materiale che si può creare l’atteggiamento che ho descritto. Detto allo Spirito resta un fatto teorico. Lo Spirito lo sa bene, ma lo Spirito sa anche che non essendoci una persuasione a livello della conoscenza mentale (Umana, dopo l’incarnazione. – Nota senza riferimento.) ciò resterà solo una notizia che lui, in Terra, non sarà in grado di sfruttare.

D. – Ma, per non soffrire, allo Spirito deve mancare l’emotività…

A. – Non è esattamente così. Non è che manchi l’emotività, diciamo che manca la parte deteriore dell’emotività, cioè quell’elemento deteriore che l’emotività ha sempre in sé e che è dovuto alla paura, alle fobie, alle inibizioni. Non è l’emotività, fin quando si tratta di vero sentimento… Io parlerei di perduranza del sentimento e di limitazione dell’emotività. Questo sì. Il sentimento è una cosa diversa dall’emotività, è cioè una compartecipazione alla realtà esterna, fluida, calma, distaccata. È, cioè, il non lasciarsi coinvolgere da tutta la parte deteriore che l’emotività di solito porta con sé e che poi crea la sofferenza che porta agli errori ecc.

D. – Maestro, posso rivolgerti la mia domanda preferita, cioè di elevare un pensiero a Dio per rendergli omaggio e per onorarlo?

A. – In realtà la tua domanda mi suggerisce anzitutto questo e in un certo senso ti ringrazio di questa domanda che non tratterò a lungo perché non c’è più tempo. Però mi fa riproporre la questione di Dio, e me la fa riproporre nel momento in cui, dopo tante e tante lezioni in cui abbiamo anche parlato di Dio, pochi di voi si ricordano di Lui. Voi potete credere e alcuni credere di meno, oppure non credere ed essere in una situazione di attesa, fluida. È tutto perfettamente lecito, però può darsi che al di là del vostro credere o non credere, di più o di meno ci sia comunque questa fede che Dio debba esistere. Di questo Dio che esiste ricordatevene ogni tanto. Dirvi di ricordarlo sempre è una cosa inutile, ma ogni tanto ricordatevi di Lui. Tentate perlomeno di focalizzare il problema, di creare in voi il problema di Dio, di indirizzare a Lui la vostra personalità, senza chiedere niente, si capisce… Cosa volete chiedere a Dio? Ma soprattutto cercando di unificare il rapporto tra voi e Lui. Dio è anche dentro di voi. Per chi crede nello Spirito, lo Spirito è essenza divina perché è creato da Dio. Questo Dio così lontano è dunque anche un Dio così vicino, dentro di voi.

Dentro di voi potete ampliare la risonanza di questo principio di Dio, potete ampliarla al punto da vedere, come è accaduto a me, come formarsi dei cerchi che possono ruotare e che si avvicinano con una luminosità intensa. È lo Spirito che vibra quando viene sollecitato da un’idea assoluta, da un’idea semplice che contiene in sé la verità e che è la verità. Concentrarvi sul vostro Spirito affinché possa darvi non un’immagine di Dio, che questo non è possibile, ma per farlo vibrare, questo Spirito, nella maniera più insolita; non è poi tanto difficile, basta lasciarsi andare, basta cercare una sorta di regressione, andare indietro con la mente chiusa e cercare di penetrare in un campo di forza, di energia: campo di forza che sta dentro di voi, che non va identificato in un punto particolare, ma che è tutto voi, cercando di avvicinarvi con idee semplici. Certo, voi non riuscireste ad avvicinarvi senza pensieri, senza idee, senza parole, Non siete capaci di proiettarvi in questo campo di forza con la vostra energia; fulminare per un istante, fermare, bloccare questo campo di forza identificandovi con esso. E così, avvenuta l’identificazione, pensare a Dio per un solo attimo. Di più non sarebbe comunque possibile cioè esattamente lanciandovi attraverso il vostro campo di forza, letteralmente lanciandovi con un guizzo verso tale campo di forza; senza limiti, soltanto come in un’apparizione nella mente, soltanto come in qualcosa che è e non è.

Questa è una delle maniere per crearsi una minima possibilità di rapporto con Dio. Poi, si capisce, potrete rientrare in voi stessi e vi porterete allora una parte di questa immagine, rapida, rapidissima, fulminea, forse troppo rapida, ma la porterete con voi. Poi proverete altre volte, più volte, finché vi sarà possibile creare una sorta di rapporto interiore. Questo vi servirà per nuovi guizzi, per nuovi slanci, per così dire. Certo, non potrete avere la sicurezza che sia avvenuto proprio tutto così; vi sarà una parte di illusione, una parte di suggestione, una parte di allucinazione. Ma qui non importa molto.

Vedete, quello che è importante è crearsi una consapevolezza, crearsi una galleria che si apra in questa montagna e che vi conduca in questa profondità. È necessario crearsi un certo spazio, una certa penetrazione, un atteggiamento mentale che conduca alla penetrazione.

Io vi posso solo dire questo, per esperienza: che questo modo di avvicinarsi a Dio, in maniera un po’ più tecnica forse, certamente vi farà bene, vi darà una maggiore distensione, una maggiore pace, la consapevolezza di essere qualcosa, qualcosa d’importante, perché lo Spirito ha una funzione importante, è un essere importante, perché è un essere eterno. Avere questa consapevolezza vi porterà poi a capire meglio Dio, vi porterà ad amarlo. E queste sono le prime cose: invocare Dio, invocare il suo Amore. Per voi sono parole; come uomini non siete capaci di andare oltre. Diversa è la posizione dello Spirito e diversa sarà la vostra posizione quando sarete Spiriti. Quando io dico: “Sia gloria a Dio” io non dico soltanto delle parole: cioè, io come essere spirituale, trasferendo a voi in parole un mio sentimento, una mia immagine, un mio rapporto, veramente intendo “sia gloria a Dio”, cioè vi partecipo nel senso che ciò non rappresenta per me solo un’esteriorità linguistica, perché veramente avverto in me il rispetto che devo al Creatore, la mia gratitudine a Lui per l’Universo e per la Sua legge così perfetta. Gratitudine perché mi consente di parlare a voi, di comunicare con l’uomo e di ciò gli rendo testimonianza glorificando il Suo Nome per voi, davanti a voi.

Voglio dire che io sento quello che dico e veramente, nel glorificarLo, intendo portarLo al di là di tutte le discussioni, di tutte le polemiche, di tutti i litigi, di tutte le cose che possono accadere tra me e voi e tra di voi; al di sopra di tutte le vostre storie, le vostre umane cose, i vostri bisticci di uomini, le vostre gelosie, i

vostri errori, le vostre caparbietà, cioè al di sopra di tutte queste cose io vi ricordo sempre, in piena coscienza di Spirito, che sia gloria a Dio, gloria come unica possibilità che le parole ci danno di esternare un omaggio alla potenza di Dio, di portarci sempre in una maniera che, certo, è figurativa, ai piedi di Dio, una maniera figurativa di sentirsi sempre e comunque niente davanti a Lui…